Storia di una follia

“Omicidi irrisolti”: Giustenice, uccise tre persone per una stradina da deviare

Salvatore Boasso fu condannato all'ergastolo per aver massacrato a fucilate una famiglia nel 1991: all'origine della carneficina una controversia legata al percorso di una strada

Fucile

Continua il viaggio “in giallo” nel passato della nostra provincia, con gli “omicidi savonesi” rimasti irrisolti nell’ultimo secolo. Questa volta Roberto Nicolick racconta la storia di un triplice omicidio avvenuto a Giustenice il 29 giugno 1991: le vittime furono Angelo Vitali (47 anni), Magda Milanese (51) e Giovanni Corongiu (35).

Questa strage è avvenuta per le solite, piccole, discussioni che nascono tra proprietari di terreni e case confinanti, liti all’inizio non di grande rilievo, ma che col tempo e con la scarsa disponibilità a mediare portano, come in questo caso ad una escalation di violenza cieca da una sola parte, che tende a sopraffare la controparte.

Il fatto accade a Giustenice, un piccolo comune, montano, sparso sul territorio, della Provincia di Savona, che non supera i 900 abitanti, l’economia è prevalentemente agricola. Salvatore Boasso di anni 61, che in passato ha fatto il guardiacaccia è proprietario di alcuni terreni, in quella zona, dove sono sorte delle case agricole. Ne vende una , Villa Alice, ad una famiglia proveniente dalla provincia di Genova, i Vitali, nella persona di Angelo un imprenditore che gestiva la GEFI, una immobiliare di Savona, e della stessa moglie Magda Milanese, titolare della COMITER una società che commercializzava lavori di oreficeria, la coppia ha una figlia di 23 anni, Luisella. Si tratta di una famiglia tranquilla e per bene che cercano una casa immersa nel verde e lontano dal traffico cittadino.

Tra Boasso e i Vitali, nasce una controversia in merito ad una stradina che passa davanti a Villa Alice, strada che veniva utilizzata dal Boasso per raggiungere i campi da coltivare e che i Vitali volevano deviare per poter liberare dei cani di grossa taglia da guardia, nel terreno prospiciente la casa. La contesa andava avanti da tempo e contribuiva ad esacerbare gli animi. In particolare chi era maggiormente polemico e scarsamente incline a mediare, erano i due capifamiglia: Salvatore Boasso e Angelo Vitali.

Nella serata sabato 29 giugno 1991, dopo tutta una serie di contrasti sempre più estremizzanti, Salvatore con il figlio Bruno di 29 anni mentre transita alla guida di un motocarro sulla stradina sfiora rischiando di travolgere il Vitali, con cui iniziano a litigare, i Carabinieri chiamati non possono intervenire, perché impegnati in un altro intervento di maggiore rilevanza, se fossero intervenuti, molto probabilmente con la loro semplice presenza avrebbero scongiurato il seguito della lite.

Secondo la testimonianza della figlia, Luisella Vitali, unica superstite della strage, il Boasso perso il controllo stava per colpire con un bastone il Vitali alle spalle, lei corre in difesa del padre e inizia una colluttazione con l’aggressore, nel corso di questo scontro il parabrezza del motocarro, viene colpito da un’asse e va in frantumi. Mentre il giovane Bruno Boasso continua a discutere con i Vitali, suo padre, Salvatore, si allontana per raggiungere la sua abitazione, e torna in auto, questa volta armato di una doppietta caricata a pallettoni.

Da quel momento inizia la follia: urlando punta l’arma e spara a Luisella, la figlia di 23 anni studentessa universitaria che crolla a terra, gravemente ferita, lei si finge morta, da terra riesce a seguire con lo sguardo tutta la strage. Vede il Boasso che spara altri colpi in rapida successione, ai suoi genitori che cadono a terra in una pozza di sangue rantolando, l’assassino quindi punta l’arma contro Corongiu, il fattore che era presente per sedare la lite, e lo colpisce prima alle gambe e poi lo finisce con un’altra scarica. Quindi Boasso spara un’altra fucilata agli arti inferiori di Luisella, che continua a fingersi morta, trattenendo il respiro tra atroci dolori. Poi l’ex guardiacaccia spara tre colpi contro la porta della villa dei Vitali, si affaccia all’interno, ma non scorge nessuno e torna a casa con il figlio Bruno, che comunque non ha fatto nulla per fermare la follia omicida del padre. Salvatore non sa che dentro, nascoste, ci sono due donne, paralizzate dal terrore, Donatella una amica di Luisella, e la nonna dei Vitali.

Quando arrivano i Carabinieri trovano la carneficina, tre morti, Angelo e Magda Vitali, Corongiu il fattore e una ragazza poco più che ventenne, Luisella devastata in più punti del suo giovane corpo e che dovrà subire decine di interventi chirurgici, al fegato, ai polmoni e alla milza. Questa ragazza non dimenticherà mai quello che ha subito e soprattutto quello che da terra ha dovuto vedere: i suoi genitori e il suo fattore sterminati a colpi di pallettone.

I carabinieri si recano allora, alla abitazione del pluriomicida e non senza fatica lo convincono a consegnarsi. Verrà rinviato a per giudizio per omicidio plurimo, assieme al figlio Bruno per concorso morale. Nel corso dei processi in Corte di assise e in Appello sino alla Cassazione, Boasso non dimostrerà pentimento, tanto che i suoi legali tenteranno la carta della infermità mentale. Nell’ottobre del 93, la Suprema Corte di Cassazione confermerà la pena dell’ergastolo per Salvatore Boasso, detenuto presso il carcere di Prato mentre il figlio inizialmente indagato anch’esso sarà scarcerato.

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