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Per un pensiero altro

Nordal, chi era costui?

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

Pensiero altro 11 agosto 2021

“Siete convinti? Va bene, facciamo pure come volete, rimettiamo ogni cosa al suo posto, seguendo quella che è la vostra idea di ordine: i sogni ben chiusi nei cassetti e gli scheletri occultati negli armadi che faremo di tutto perché non vengano aperti, contenti? No, non credo, resto dell’avviso che gli scheletri è bene che vengano seppelliti e per i sogni? Ebbene, che abbiano cielo per le loro ali”. Da tempo non mi capitava di passare ore in conversazione con l’amico Gershom Freeman ed ecco, finalmente, che posso regalarmi e regalare una delle sue illuminanti riflessioni. Lo so, non è noto al grande pubblico, pur scrivendo un genere ed in uno stile estremamente fruibile ed affascinante, non bazzica le grandi case editrici, ma nei suoi thriller psicologico esoterici si incontrano spunti di riflessioni e occasioni per scoprire se stessi come in pochissimi altri autori. La battuta di apertura ne è un chiaro esempio. Nasce da una chiacchierata in tarda sera con un gruppo di amici, non mi stupirei di ritrovarla in qualche prossimo romanzo, in ogni caso mi permette di argomentare attorno ad alcune tesi: 1-non è importante tanto chi viene citato quanto il valore della citazione in sé; 2-non sono indispensabili le citazioni per sostenere un’idea, se la stessa non è valida non la migliorano, se lo è divengono solo utili corollari; 3-spesso la mancanza di idee proprie viene occultata con l’esibizione di quelle altrui; 4-è importante saper cogliere il messaggio a volte subliminale nel portato di aforismi di valore.

Rubo al lettore solo pochi secondi per raccontare un aneddoto personale al fine di chiarire quanto la smania di “citazioni alte” renda sciocche persino le persone più istruite. Si tratta di un fatto di troppi anni or sono: ero un giovane filosofo squattrinato che, per sbarcare il lunario, aveva concluso di dedicarsi all’insegnamento e che, pertanto, si era visto costretto a sottoporsi ad un concorso a cattedra. Superata la selezione dello scritto mi presentai all’esame orale: dei due esaminatori uno era evidentemente l’elemento predominante, tendeva, a mio avviso tristemente, ad umiliare i candidati nella convinzione di esaltare, in quel modo, la propria superiorità culturale. Lo strumento principe era la citazione di filosofi con orgogliosa precisione sia del pensiero che della collocazione dello stesso nel testo comprensiva di data di pubblicazione. L’effetto era devastante, difficile competere con tanta erudizione, specie se si trattava di Hegel, il suo faro filosofico. Quando arrivò il mio turno il suo atteggiamento rimase ovviamente il medesimo, ammetto che non sarei riuscito a competere, non ho mai pensato che un filosofo sia un erudito in storia della filosofia, allora escogitai uno stratagemma che, fortunatamente, ebbe successo: diedi vita sul momento ad un pensatore scandinavo contemporaneo che “di certo lei conosce meglio di me”, affermai. Mi pare lo battezzassi Nordal Weizer, non sono più certo del nome dopo tanto tempo, ma non è fondamentale. Ebbene, l’erudito esaminatore, pur di non dover ammettere una lacuna, mi assecondò e, forse anche per quella ragione, io ottenni di superare il concorso. Ancora sorrido mentre scrivo! Credo sia utile questa digressione a sostegno delle prime tesi proposte ma ora torniamo a Gershom.

La citazione di apertura non è di Hegel, e allora? Ma racconta di ognuno di noi, ci riguarda davvero, come dovrebbe essere, a mio parere, il fondamento di ogni buona filosofia. Intanto evidenzia degli stereotipi che non sono solo linguistici, sappiamo bene che “Il linguaggio è la casa dell’essere. Nella sua dimora abita l’uomo. I pensatori e i poeti sono i custodi di questa dimora. Il loro vegliare è il portare a compimento la manifestatività dell’essere; essi, infatti, mediante il loro dire, la conducono al linguaggio e nel linguaggio la custodiscono”; ecco fatto, ho citato Heidegger, ora posso essere certo che quanto affermo, condiviso da si grande pensatore, assurga a dignità filosofica. Preciso che ogni “estrapolazione” può essere piegata agli intenti di chi la utilizza, è imprescindibile una profonda deontologia per tentare di mantenerla nell’ortodossa prospettiva dell’autore, ed ora vivisezioniamo l’affermazione di Freeman: Gli scheletri negli armadi sono ciò che resta di amanti nascosti e dimenticati, peccati coniugali che oramai non possono che sperare di non essere mai scoperti, ma questo costringe il peccatore o, nel pensiero più comune, la peccatrice, a precludersi l’uso dell’armadio ed a convivere con il senso di colpa. Proviamo a rintracciare anche il messaggio subliminale? Chiediamoci perché a nessuno è passato per la testa che nell’armadio fosse nascosto lo scheletro di una donna, non è così? Questo (anche) perché il maschile da sempre è controllo, l’uomo ha paura, esige l’esclusiva! È pur vero che oggi qualcosa è cambiato, ma lo scheletro potrebbe essere plausibilmente femminile se relativo ad una coppia lesbica e, ancora una volta, solo se “istituzionalizzata”, in caso contrario perché nasconderla? Forse l’unica vera soluzione potrebbe essere non arrivare mai alla necessità di dover occultare l’amante nell’armadio e non necessariamente praticando la fedeltà: argomento complesso che non posso affrontare ora visto che ancora va chiarita la seconda parte dell’aforisma.

Cosa ci suggerisce Gershom nella chiusa del suo pensiero? Lasciamo che i sogni spicchino il volo e mostrino le loro ali, chissà, può essere che scoprano che “il cielo è la casa dei sogni e che i loro voli possono disegnare fantastiche geometrie cangianti, oltre le prigioni euclidee o di qualsiasi altra logica spaventata”. Intrigante anche questa citazione, vero? Ortodossia e convenzione imporrebbero di esplicitarne l’autore e la collocazione, ma, a chiusura di quanto affermato e celebrando ironia ed autoironia con un sorriso, non vi rivelo nessun dettaglio, che senso avrebbe assegnare un “proprietario” ad un pensiero così splendido che, proprio per questo, è necessariamente di tutti? Oppure, per coerenza e per sottolineare la tracotanza di certi supposti intellettuali potremmo anche, ribadendo il sorriso che spero condiviso, attribuire l’aforisma a Nordal Weizer.

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero.
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