Trappola in rete

“Assunta” per spostare denaro con il “money transfer”, ma era una truffa: assolta dall’accusa di riciclaggio

Una savonese era diventata complice degli autori di una truffa "phishing": aveva ricevuto 5 mila euro "rubati" da trasferire all'estero

Savona. Ricettazione, ma soprattutto riciclaggio di denaro. Erano le gravi accuse delle quali doveva rispondere una cinquantatreenne savonese, M.T., che oggi è stata assolta, ma nel 2012 era rimasta coinvolta in una truffa in Rete basata sullo schema del “phishing”. La donna, rispondendo ad una fantomatica proposta di lavoro per diventare “financial manager” ricevuta tramite email, aveva finito infatti per diventare complice degli autori del raggiro.

Secondo la Procura, infatti, la signora, rispondendo all’annuncio, aveva messo a disposizione il suo conto corrente bancario per ricevere i bonifici disposti dalle ignare vittime del “phishing”, alle quali erano state rubate le credenziali per accedere ai servizi di home banking. Una volta ricevuti i soldi M.T. aveva il compito di trasferirli all’estero tramite il sistema “money transfer”, trattenendo una somma come compenso per il suo servizio.

Effettivamente il 21 febbraio del 2012 la donna aveva ricevuto un bonifico da 5 mila euro dal conto di una delle vittime del raggiro, un cinquantenne residente nel milanese, ed aveva poi disposto il trasferimento di parte di quel denaro, per la precisione 3800 euro in quattro tranches, attraverso il sistema Western Union. Un’operazione alla quale non ne sono seguite altre simili perché la banca di M.T., la Bnl, in via precauzionale, le aveva bloccato il conto visto che l’accredito del bonifico era risultato irregolare.

A quel punto la signora aveva capito di essere caduta a sua volta dentro una truffa ed aveva denunciato l’accaduto alla guardia di finanza. Un comportamento che non le aveva però evitato il rinvio a giudizio con le gravi accuse di riciclaggio e ricettazione.

Il processo, alla fine, si è chiuso con una sentenza di assoluzione “perché il fatto non sussiste”. Il legale dell’imputata, l’avvocato Andrea Geddo, ha infatti sostenuto l’assoluta buonafede della sua assistita che confidava nella regolarità dell’operazione.

Secondo il difensore, nella condotta della signora M.T. non c’era né la volontà di truffare qualcuno né tantomeno la consapevolezza di farlo e, di conseguenza, in assenza dell’elemento soggettivo, il reato non poteva sussistere. Una tesi che, evidentemente, è stata accolta anche dal Collegio del tribunale che stamattina l’ha assolta (per conoscere le ragioni esatte del verdetto bisognerà però attendere il deposito delle motivazioni della sentenza).