Cengio. Tre condanne ad un anno e tre mesi di reclusione. Sono le richieste avanzate dal pubblico ministero questa mattina nell’ambito del processo per la morte di due coniugi, Elio Ferrero e la moglie Irene Sattamino, uccisi a causa di una calderina killer, il 3 marzo del 2009, nella loro casa a Cengio.
A giudizio ci sono Franco Bellenda, Cesare Re e Renato Pezzoli, tutti dirigenti dell’Arte (ex Iacp), proprietaria dell’appartamento, che si sono susseguiti alla guida dell’Ente tra il 1990 al 2009. Secondo l’accusa, i dirigenti di Arte, in quanto responsabili dell’immobile, non avrebbero assicurato i requisiti minimi di sicurezza nell’impianto scalda acqua dell’alloggio dove vivevano le vittime, soprattutto in relazione all’aerazione nell’ambiente ed i sistemi di smaltimento dei prodotti di combustione.
Questa mattina è iniziata la discussione del processo che terminerà il prossimo 25 giugno (oggi hanno preso la parola i legali di parte civile e i difensori di Bellenda e Re, ma non quello di Pezzoli). Se gli avvocati Amedeo Caratti e Massimo Badella, che tutelano i figli delle vittime, si sono allineati con le richieste del pm, i legali di Re e Bellenda, gli avvocati Franco Aglietto e Francesco Ruffino hanno chiesto l’assoluzione dei loro assistiti.
L’avvocato Aglietto nella sua arringa ha sottolineato come “per condannare i tre imputati sia necessario dimostrare che il presunto comportamento omissivo (le problematiche riscontrate sull’impianto) abbia un nesso di causalità con la morte dei coniugi”. Un collegamento che, secondo il legale, non c’è: “E’ stato dimostrato che lo scaldabagno presente nell’alloggio al momento dell’incidente non era lo stesso che gli inquilini avevano trovato quando erano andati a vivere nell’alloggio di Arte e questo interrompe il nesso di causalità tra le due condotte”.
Inoltre, sempre secondo il difensore di Re, la normativa afferma che il responsabile della manutenzione dell’impianto di riscaldamento è l’inquilino dell’immobile e non il locatore.