Savona. Ha preferito non rispondere alle domande del gip Donatella Aschero avvalendosi della facoltà di non rispondere. E’ questa la strategia difensiva adottata dal parrucchiere albisolese, Igor Turezini, finito agli arresti domiciliari nell’ambito dell’Operazione “Viper” che ha portato in manette anche quattro albanesi (i fratelli Edmond e Albert Gjini e Ylli e Emirjon Lala) e il savonese Ivan Chessa. A Turezini (che è difeso dall’avvocato Tiziano Gandolfo), gli investigatori, contestano l’acquisto di dosi di cocaina da Edmond Gjini e numerosi episodi di cessione di droga (anche venti grammi alla volta, si legge nell’ordinanza di custodia cautelare) fra il gennaio e il giugno del 2012.
Il parrucchiere, nella ricostruzione della vicenda fatta dalla squadra mobile, in un secondo momento diventa vittima di un’estorsione da parte di Edmond Gjini per un debito non saldato da parte di uno dei suoi acquirenti, un egiziano trentottenne (colpito da una misura di obbligo di firma). Secondo gli inquirenti Turezini, che continuava a subire minacce e intimidazioni, avrebbe poi chiesto all’albanese una dilazione di pagamento.
Emblematica per riassumere la situazione è una telefonata intercettata dagli investigatori. Edmond Gjini (che pur essendo in Albania continua a seguire la questione con molto interesse) chiede al fratello Albert “se è passato dal parrucchiere”. E questi risponde di sì: “Ma non sono riuscito a radermi2 aggiunge, intendendo che l’incontro è andato a vuoto. Successivamente gli albanesi si erano fatti dare dal giovane la sua macchina, una Honda Civic, a garanzia del debito.





