Savona. Ad uccidere il feto fu un’infezione improvvisa (una “villite con corioamniosite secondaria ad infezione endouterina”). Un evento che si presentò poco prima del parto e che i medici non potevano prevedere. Per questa ragione il pubblico ministero Chiara Maria Paolucci ha chiesto l’archiviazione dell’inchiesta a carico di cinque medici dell’ospedale San Paolo di Savona che era stata aperta nel gennaio scorso, in seguito alla denuncia dei genitori di un neonato partorito morto. Tutti i sanitari erano accusati di omicidio colposo.
Per fare luce sull’episodio era stato eseguito un esame autoptico sul feto ed anche una perizia. Le conclusioni alle quali sono arrivati gli esperti nominati dal sostituto procuratore non hanno rilevato “vizi di perizia, prudenza o diligenza” nelle condotte dei sanitari. Secondo i periti i medici hanno agito secondo la procedura: sulla base degli accertamenti svolti, nei giorni successivi alla scadenza del termine del parto (24 dicembre), il feto non presentava sofferenze che evidenziassero la presenza dell’infezione. Come ha evidenziato la relazione del Ctu del Prof. Nicola Ragni infatti lo sviluppo dell’infezione era recente e gli esami eseguiti avevano sempre avuto risultati rassicuranti sulla salute del feto. Sulla base di queste conclusioni, e per un “difetto dell’elemento soggettivo” nel reato, il pm ha chiesto al gip l’archiviazione del caso.
Secondo quanto era stato denunciato, la paziente, una savonese di 34 anni, che era già mamma di un altro bimbo di 16 mesi, a partire dal giorno della scadenza del termine, si ers regolarmente presentata in ospedale per eseguire il monitoraggio del feto. Anche il primo di gennaio la paziente si era presentata al San Paolo dove era stata sottoposta a tutti gli accertamenti che non avevano evidenziato problemi: il battito del bimbo era presente e regolare. Lo stesso era accaduto il giorno seguente e i medici avevano così dato appuntamento alla donna, per un nuovo monitoraggio, lunedì 3 gennaio.
Quando era arrivata in ospedale quella mattina, i sanitari avevano però capito subito che qualcosa non andava: il battito era sparito e erano bastati pochi attimi per capire che il bimbo era morto. A quel punto i medici sono erano stati costretti ad indurre la paziente a partorire il neonato ormai senza vita. Il perito ha riconosciuto che se il parto fosse stato indotto subito dopo la scadenza del sarebbe stato “assai probabile” evitare il tragico evento. Allo stesso tempo però l’esperto ha spiegato che secondo le linee guida internazionali, in assenza di sofferenza fetale, il parto viene indotto quando si entra nella quarantaduesima settimana (ovvero dopo 124 giorni dopo la scadenza dei termini).