Politica

Taglio dei piccoli comuni, Ivano Rozzi: “Si fanno i conti per spot pensando che la gente annuisca”

Ivano Rozzi - sindaco Giustenice

Giustenice. “Probabilmente siamo lontano anni luce dalla soluzione dei problemi e stiamo letteralmente minando le fondamenta di una coesione sociale fatta di molte cose a cui non si vuole guardare”. Così Ivano Rozzi, sindaco di Giustenice, paese con 959 residenti, commenta a caldo la proposta del Governo di eliminare i Comuni al di sotto dei mille abitanti.

“E poi non è detto che si debba per forza fare qualcosa – prosegue – specialmente se non si ha chiaro cosa esattamente dover fare. Sarebbe allora più opportuno gestire bene e meglio ciò che si ha, con ciò che si può e non proporre soluzioni empiriche senza conoscerne gli esiti e le conseguenze. Per i piccoli comuni si sono proposte incentivazioni per i servizi in convenzione, poi le unioni,  che potrebbero offrire una soluzione per quelle competenze dei comuni che essendo pressoché standardizzate si possono ottimizzare in una gestione comune per più enti”.

“Ma non solo – sottolinea il sindaco di Giustenice -, possono già queste divenire una sorta di nuova governance del territorio utile ad affrontare con opportuna struttura i delicati compiti delle funzioni e dei servizi ai cittadini. Ora si parla di accorpare migliaia di piccoli comuni in tutta Italia, dando un calcio alla storia ma soprattutto rendendo vano per le piccole comunità e i loro cittadini anni e anni di impegno e di sacrifici. E tutto questo senza un chiaro progetto di rinnovamento dell’assetto istituzionale del Paese ma una cosiddetta manovra dettata da esigenze finanziarie, facendo credere ancora una volta che gli sprechi si annidano nei piccoli comuni”.

“Personalmente non ci sto a credere che questa sia la soluzione – afferma Rozzi -, anche perché non vedo fare nulla verso i grandi numeri di dipendenti pubblici, degli enti inutili, delle grandi spese di cui la cronaca e i media pressochè giornalmente danno notizia. E poi verso i comuni con 5000 e oltre abitanti, i quali risultano essere in esubero di personale in rapporto ai cittadini, alcuni di oltre il 50% della media necessaria. Vi sono tabelle ministeriali che dimostrano come via via aumenti il numero degli abitanti di riflesso la percentuale del fabbisogno di personale deve scendere e invece succede esattamente il contrario: un comune con mille abitanti dovrebbe avere intorno agli 11 dipendenti e invece ne ha da 4 a 6, un comune con 10.000 abitanti invece di 60/70 ne ha 130/150”.

“Senza contare l’esternalizzazione di gran parte dei servizi e le partecipazioni in società controllate. In conclusione si fanno i conti per spot pensando che la gente annuisca prima e condivida poi senza però presentare una concreta prospettazione su cui poter effettivamente ragionare e anche eventualmente condividere l’azione. A mio figlio di 14 anni che mi domanda cosa ha fatto questo popolo italiano per vivere costantemente sotto assedio e in perenne ansia – conclude Rozzi -, non so dare una risposta e non la so dare neanche a quelli più grandi che non trovano lavoro, se non precariamente e che anziché veder davanti a loro il loro futuro, paiono attendere, inermi e dispiaciuti forse, la fine del nostro”.