Cosa rappresenta l’8 marzo per:
Claudia(ha perso il lavoro a 50 anni e non riesce a ricollocarsi)
Amalia (tre bambine, una celiaca; ha optato per il part time e fa fatica ad arrivare a fine mese)
Nella (ha lasciato il suo amato lavoro di insegnante per assistere la zia con l’alzheimer e la vecchia mamma)
Giulia (non riesce a coronare il suo sogno d’amore con Luca perché gli affitti delle case sono incompatibili con i loro stipendi di precari)
Francesca (che rinuncia a un figlio perché il professionista per cui lavora in nero la licenzierebbe in tronco)
Stefania (rimasta sola con il figlio disabile perché la scuola ha ridotto il sostegno al bambino per i tagli finanziari)
e tutte le altre donne, ognuna con il proprio problema, con la propria solitudine, che un rametto di mimosa non consola.
E non va meglio con l’immagine delle donne italiane nel mondo: merce di scambio nelle pratiche corruttive, veline in carriera nei lettoni istituzionali: un’immagine mai così in basso nel corso della storia repubblicana, segno di un modello di sviluppo senza progresso voluto dalle destre e fondato su una competizione globale fonte di:
Disuguaglianze crescenti (si è fermato l’ascensore sociale che permetteva ai più meritevoli di scalare le classi sociali)
Depredazione delle risorse (territorio, aria, acqua strumenti di arricchimento per pochi a discapito dei più)
Riduzione del potere di controllo e di regolazione
Omologazione e “pensiero unico” senza freni e senza morale.
Paura, insicurezza, egoismo seminati irresponsabilmente per raccogliere consenso elettorale.
In particolare le donne hanno pagato di più:
NEL LAVORO:
Il tasso di occupazione femminile in Italia è attorno al 46% (la Liguria ha fatto meglio con il 52,60%) ma ancora lontano dal 60 % fissato dall’UE
Il tasso di disoccupazione di lunga durata è per le donne del 3,1% mentre per gli uomini è del 1,1%; il tasso di disoccupazione tra i laureati riguarda il 5,4% le donne e il 1,5 % gli uomini
La flessibilità occupazionale (legge 30) ha reso proprio le donne più vulnerabili e ricattabili.
L’attenzione alla condizione femminile non nasce solo da una richiesta di equità, che gli stessi articoli 3 e 51 della Costituzione e 2 dello Statuto Regionale impongono, piuttosto, guardando ai dati economici, i Paesi a più alta occupazione femminile (e paradossalmente anche a più alta natalità) sono quelli più ricchi. Gli economisti hanno dimostrato che l’incremento del P.I.L. può essere possibile solo aumentando l’occupazione femminile: il lavoro femminile induce un incremento del 15% in più nell’occupazione generale rispetto al lavoro maschile.
NELLA FAMIGLIA
Le famiglie sono più piccole, più fragili, con maggiori distanze tra generazioni (per la maggiore età media al primo figlio), in maggior misura unipersonali e monogenitoriali (16,1% in Liguria, contro 13% in Italia al Censimento 2001), con maggiori carichi di assistenza degli anziani (in Liguria sono assistiti da strutture pubbliche 3,8 ultrasessantacinquenni ogni 100, con maggiori difficoltà per le donne, su cui continuano a gravare buona parte delle istanze di cura e con maggiore ricorso a manodopera femminile di provenienza quasi sempre straniera). Le persone che vivono da sole over 65 sono composte per il 34,3% da uomini e il 65,7% da donne ( ISTAT 2003).
NELLO STUDIO
Pur dimostrando le donne risultati brillanti nello studio e nei concorsi sempre rara resta la presenza nei ruoli apicali della politica, della finanza, dell’economia….
Trasformare la politica da ricerca solitaria e frustrante di soluzioni individuali a spazio collettivo di condivisione per essere più forti, per trasformare i favori e i privilegi di pochi nei DIRITTI di tutti sanciti dalla Costituzione.
Le capacità di spesa, legate in pari misura alla crisi globale e alle dissennate scelte finanziarie del governo, si sono ridotte. Quando la coperta è più corta è ancor più necessario esserci per fissare insieme le priorità. Ma le donne finora hanno preferito delegare (“Pensaci tu” rivolto agli uomini) autoescludendosi dalla rappresentanza politica, o lasciandosi spesso cooptare, ma mantenendo così un vincolo di riconoscenza alla compiacenza del “Principe”.