Verso nuove mete

“Fuga di cervelli” tra ieri e oggi: diario di un emigrante

L’Italia è un Paese di emigranti. Negli ultimi quindici anni oltre due milioni di giovani sono emigrati all’estero. Chi scappa e tenta la fortuna altrove, nel 70% dei casi, ha una formazione mediamente alta. Il quesito da porsi non è, quindi, perché i giovani emigrino, ma come evitarlo

Generico agosto 2021

Si sa, immigrazione ed emigrazione al giorno d’oggi rappresentano due delle tematiche più complesse e discusse dell’era moderna. Vengono riprese in ambiti differenti, se ne parla nella sfera sociale; è una discussione decisamente presente nel campo politico, con forte posizione dei “politici” moderni al fine di trovare un capro espiatorio per la difficoltà economica e non solo del Paese; infine, si parla di emigrazione ed immigrazione anche in ambito culturale, tematica che i paesi moderni e intellettualmente sviluppati portano avanti come difensori del noto “Melting Pot”. È ugualmente interessante, però, tralasciando cause ed effetti di immigrazione ed emigrazione dei giorni nostri, ripercorrere alcune tappe novecentesche dell’emigrazione.

Uno dei rappresentanti di questo viaggio è il libro pubblicato per la prima volta dallo scrittore spagnolo Miguel Delibes, con il titolo chiaro ed esplicativo di “Diario di un emigrante”. Delibes cercò di identificare al meglio la vita di un cittadino europeo di metà Novecento che parte per terre nuove, non sconosciute, ma neanche così familiari. Il viaggio del protagonista non viene descritto così complesso, tanto che la terza classe è descritta come accogliente e, nonostante un lieve affollamento di persone, funzionale e ricca di comfort.

All’arrivo nella Terra promessa, Lorenzo e la sua amata sono decisamente ottimisti, vogliono aprire il loro negozio; tuttavia, Lorenzo finirà a lavorare nella bottega dello zio della sua compagna. I due non svilupperanno un legame forte, anzi. Dopo un iniziale momento di entusiasmo per lo sbarco nelle Americhe, la situazione comincia a cambiare; la fortuna per la coppia non arriva, tanto che, nelle loro menti, inizia a balenare l’idea di gettare la spugna e tornare in Spagna, terra d’origine. Il lavoro non va bene, il capo non si fida di un ragazzo che proviene dall’altra parte del mondo e a Lorenzo non sta bene.

Ecco, il racconto si mostra tremendamente moderno e contemporaneo. L’Italia è un Paese di emigranti. Negli ultimi quindici anni oltre due milioni di giovani sono emigrati all’estero. Le mete preferite? Gran Bretagna (anche se negli ultimi mesi la Brexit ha complicato decisamente il processo), Germania e America. Il dato ancor più sconvolgente del numero esatto di emigranti? Chi scappa e tenta la fortuna altrove, nel settanta percento dei casi, ha una formazione mediamente alta. Il quesito da porsi non è, quindi, perché i giovani emigrino, ma come evitarlo.

Il rapper Ernia (al secolo, Matteo Professione), nome ormai noto in tutto l’ambiente musicale nazionale, scrisse, ai suoi esordi musicali, una canzone. Essa rappresenta eccellentemente il processo poco fa descritto. Matteo, difatti, ha passato alcuni anni vivendo in Inghilterra, solo, affrontando e superando difficoltà, dopo aver terminato gli studi liceali.

Nel testo “Vuoto”, è lui stesso a dire, dall’alto della sua esperienza di vita, cosa succede. Ringrazia suo padre e la sua patria per avergli concesso l’opportunità di una fuga coi fiocchi. Ovviamente, il tono è sarcastico. Una nazione che impedisce ai giovani di spiccare il volo, permette loro di volare altrove. Matteo parla delle persone che ha conosciuto nel suo viaggio, amici partiti per il Messico, persone che si spaccano la schiena nelle Farm australiane per poco guadagno; nonostante ciò, tutto sembra essere migliore dell’Italia. L’espressione più emblematica rimane, però, la seguente: fuga di cervelli? Io dico la fuga di chi ha un cervello, vitelli mal nutriti che scappano via dal macello. Non ha bisogno di nessuna spiegazione. Infine, Ernia parla anche del rapporto con i genitori e con i cari.

La vita all’estero è spesso complessa, ci si divide tra lavoro e riposo senza stacco alcuno, con la difficoltà di adattarsi in un nuovo mondo o la complessità di conoscere nuove persone al fine di non sentirsi solo. Ma ai propri cari, nonostante tutto, non si racconta nulla. Insomma, la situazione non è delle migliori, ma ciò è risaputo. Bisognerà attendere, inoltre, l’effetto del Covid e della parallela pandemia mondiale. I numeri di emigranti aumenteranno ancora? I giovani italiani rimarranno vicini alle proprie famiglie o cercheranno fortuna altrove?

Milton Trolio

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