Savona. L’inchiesta sui “furbetti” della Asl, e la relativa accusa di truffa, sembra essere stata ridimensionata. L’unica accusa contestata ai trentatrè dipendenti dell’ospedale San Paolo (fra medici, infermieri e operatori socio sanitari), indagati dalla polizia per la vicenda dei badge magnetici utilizzati in modo disinvolto per entrare e uscire dal posto di lavoro, potrebbe infatti essere quella di sostituzione di persona.
A distanza di un mese dall’invio degli inviti a comparire e gli interrogatori in questura e a palazzo di giustizia (ma la maggior parte dei convocati si è avvalsa della facoltà di non rispondere), il quadro che si delinea, grazie agli accertamenti svolti dalla Squadra Mobile su mandato del sostituto procuratore della Repubblica, Chiara Maria Paolucci, dice che gli indagati, pur usando irregolarmente il tesserino, tuttavia non si sarebbero assentati dal luogo di lavoro.
Quella che è emersa non è quindi una situazione in cui, grazie alla collaborazione dei colleghi, alcuni dipendenti risultavano al lavoro quando invece non c’erano. Piuttosto sembra che la situazione fosse questa: mentre uno dei colleghi parcheggiava l’auto, l’altro gli strisciava il badge e poi entravano entrambi in servizio. Stessa cosa per l’uscita. Comportamenti irregolari, certo, che possono sfociare nell’accusa di sostituzione di persona. L’accusa di truffa però sembra davvero cadere.