Lettera al direttore

Il caso Englaro secondo Giampietro Filippi

Caro Direttore, seguo con angoscia, a volte con stizza, a volte con mortificazione interiore tutto il can can che si è scatenato sul caso di Eluana Englaro. Da un lato i cosiddetti “laici” che invocano il primato della coscienza, il diritto all’autodeterminazione, il rispetto della Costituzione. Dall’altro gli ambienti cattolici di stretta osservanza e la Chiesa, che, in nome di una visione dell’uomo loro propria, spingono in direzione esattamente contraria. In mezzo la disperazione, il dolore, la grande fatica di un padre, di una famiglia ed il travaglio di coscienza dei medici che assistono la povera ragazza.

In questi giorni è apparso su Micro Mega un sondaggio: chi ha diritto di decidere della tua vita? Con tre possibili risposte: la Chiesa, la maggioranza parlamentare, tu stesso. Rilevo fin da subito che manca almeno una quarta opzione: la situazione oggettiva. Perché a mio avviso è assurda e, soprattutto, è mostruosamente ideologizzata tutta questa querelle (a parte l’indegno battage di giornali e televisioni che speculano sulla vicenda in modo osceno).

E lo è da ciascuna delle parti che si combattono. Perché la diatriba non avviene di fatto su una situazione concreta, reale, personificata in un corpo sofferente, ma su principi astratti, su formule dialettiche, su strumentazioni che vanno ben al di là della vicenda per se stessa: si vedano ad es. le indegne posizioni prese in questi giorni da Berlusconi, la sua grossolanità sul piano umano, il suo sprezzo per le norme a livello istituzionale, si vedano le affermazioni apodittiche di S.Madre Chiesa (di cui io comunque, talora con sofferenza, mi ritengo parte), ma si vedano anche le, quasi livide, posizioni laiciste che emergono sul versante opposto, laddove prevale comunque, di congiunta derivazione marxista e liberale, una concezione dell’uomo puramente come “homo economicus”, cioè attivamente integrato nel contesto sociale, produttivo. E, se così non è, esso è inutile, esso è “fuori”.

Nessuno parte dalla situazione reale: la povera Eluana è viva o no? Le sue cellule, i suoi apparati, il suo cuore, sono attivi o no? Se sì, Eluana è viva, se no, Eluana è morta, non ci sono vie di mezzo. Ma il concetto di essere vivo non ha gradini, gradualità, sfumature: quale che sia il livello di attività, se questa attività esiste l’essere è vivo ed azioni che contrastino questa condizione sono azioni contro la vita. Ecco perché dico che il sondaggio di MicroMega, maliziosamente, non porta la quarta opzione di risposta. Perché nessuno ha il diritto di interrompere una vita, indipendentemente dal livello di “vitalità”. Perché a decidere della vita è l’esistenza stessa della vita. Vale di per sé, è oggettivo.

Ma è più conveniente spostare lo scontro ad altri livelli, ideologizzarlo da ogni parte, perché questo è ormai uno scontro sugli assetti istituzionali della nostra disgraziata Repubblica. La povera Eluana è la scusa, il casus belli, la miccia, ma di essa e del mostruoso travaglio della sua famiglia, di fatto, malgrado i pelosi e reiterati pietismi delle parti in lotta, non importa nulla a nessuno.


Giampietro Filippi