Che sarà?

Autostrade, la revoca delle concessioni sempre più vicina? Giornate decisive per la sorte di Atlantia e dell’indotto

Ripresa dei lavori del Parlamento e il dibattito entra nel vivo. Attesa per il primo consiglio dei ministri

Liguria. Il Parlamento riprende i suoi lavori e così entrerà nel vivo, in maniera operativa, anche la discussione sulla possibile revoca delle concessioni autostradali. Revoca che, anche sulla base di un punto inserito nel Milleproroghe, non è mai stata così vicina.

Le forze di governo sono più compatte che mai verso l’addio alla gestione Atlantia, con diverse sfumature ovviamente. Il M5S sarebbe per la revoca hic et nunc, il Pd è disposto a discutere in maniera collegiale la questione con un’apertura alla revoca resa più ampia dopo gli ultimi scandali relativi a barriere e gallerie. In parlamento il centrodestra voterebbe invece no alla revoca, e Italia Viva si schiererebbe con l’opposizione.

Diversa, recentemente, la composizione degli schieramenti in Liguria

Sul dibattito esploso dopo la tragedia del Ponte Morandi e la morte di 43 persone arriva l’eco dalla Spagna dove il premier Sanchez ha deciso di rendere statali 600 chilometri gestiti da Abertis, una società del gruppo Atlantia. La differenza dal caso italiano è però legata al fatto che in Spagna le concessioni sarebbero comunque andate a scadenza naturale, quindi più che di revoca si è trattato di un mancato rinnovo.

Non solo a Montecitorio scatta il tema Atlantia. Anche i mercati sono in fibrillazione. In caso di revoca della concessione ad Autostrade, si innescherebbe una serie di effetti disastrosi sulle controllate e sui capitali investiti. In gioco il denaro di 17 mila piccoli risparmiatori, grandi fondi di investimento che possiedono il 45% delle azioni della holding (contro il 30% della famiglia Benetton), soci minori e alcuni bond. Senza dimenticare i sette mila dipendenti e l’indotto.

La norma inserita nel Milleproroghe prevede, in caso di revoca, oltre all’affidamento temporaneo ad Anas anche il taglio dell’indennizzo, che passerebbe nel caso di Aspi da 23 miliardi a sette. Ed è sulla base di quell’indennizzo che le concessionarie si sono indebitate presso le banche. L’Ad di Aspi Roberto Tomasi nei giorni scorsi ha auspicato “una giusta soluzione negoziale, un accordo che coniughi l’interesse pubblico, i diritti di chi fa impresa e lo Stato di diritto”.

Certamente le prossime giornate saranno decisive.

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