Figlia mia
di Laura Bispuri, con Valeria Golino, Alba Rohrwacher, Sara Casu, Udo Kier – Ita/Svi/Ger, 2018, 100’
ven 02 marzo (18.00 – 21.15)
sab 03 marzo (17.30 – 20.30 – 22.30)
dom 04 marzo (15.30 – 17.30 – 20.30 – 22.30)
lun 05 marzo (15.30 – 20.30)
Vittoria, 10 anni appena compiuti, è una bambina divisa tra due madri dal carattere molto differente: Tina e Angelica. Andato in pezzi il patto segreto che le unisce sin dalla nascita della bambina, entrambe si contenderanno l’amore della figlia: Vittoria desinata a vivere un’estate di grandi cambiamenti, un tempo, dopo il quale nulla sarà più come prima…
Ha l’aria di un film conflittuale Figlia mia, opera seconda di Laura Bispuri, presentato all’ultima Berlinale, conflittuale almeno quanto le sue due donne protagoniste, entrambe proletarie ma dall’animo profondamente diverso, quasi opposto: Tina è gentile e amorevole, mentre la più giovane Angelica è istintiva, portata a non accettare dogmi e regole di comportamento codificate. Hanno però un punto in comune: la piccola Vittoria, bambina di dieci anni che di una – Angelica – è la figlia naturale, e dell’altra è la figlia adottiva. A sua insaputa, ovviamente. Quando questo mistero viene svelato e la bambina inizia a frequentare anche la madre biologica, i nodi verranno al pettine. Di chi è Vittoria? Della madre che conosce come tale, Tina, che si occupa di lei – anche se non vede o non vuole vedere quanto le coetanee la isolino? Oppure di Angelica, che l’ha messa al mondo poco dopo il suo arrivo sull’isola e l’ha ceduta perché consapevole di non sapere rinunciare alla propria personalità in continua tensione di ricerca? Ma, soprattutto, come può applicare quel ‘mia’ alla sua propria personalità in fase evolutiva se la sua acquisizione di identità è minata da un dubbio crescente?
Oltre a questo insieme di interrogativi, il film ha l’intuizione, di per sé tutt’altro che banale, di raccontare l’Italia di questi anni partendo da una serie pressoché infinita di duelli: la lotta per non perdere la casa , per tenersi la figlia, per tenersi l’esistenza che con gran fatica si è portata avanti nel corso degli anni. Una dinamica ulteriormente rafforzata dall’alternarsi di scoperte e smarrimenti che si scontrano con le urgenze del vivere. Un vivere che deve confrontarsi con una natura che, come una madre, può essere benevola o difficile da affrontare e compiacere. Senza dimenticare la sfida fondamentale della bambina che, superate tutta una serie di prove di coraggio, si troverà a lasciare il terreno agevole dell’infanzia, per entrare in quello accidentato dell’adolescenza e dell’età adulta.