Cairo Montenotte. Il sostituto procuratore generale Maria Aschettino ha chiesto alla Corte d’Assise di Catania di confermare la condanna a trent’anni di reclusione emessa in primo grado dal gup di Ragusa il 17 ottobre 2016 per Veronica Panarello, la giovane siciliana accusata di aver ucciso il figlio Loris, di otto anni, e di averne occultato il cadavere.
Una vicenda che nel 2014 scosse tutta l’Italia, e anche la Val Bormida, dove Veronica visse la sua infanzia. A cavallo degli anni Novanta, infatti, proprio dal sud, la sua famiglia si trasferì a Rocchetta Cairo, e lì sia lei che i suoi fratelli frequentarono la scuola primaria. Tre anni fa, il 29 novembre, la notizia della scomparsa del bambino, che sarebbe stato strangolato con delle fascette da elettricista e il corpo gettato in un canalone fuori dall’abitato di Santa Croce Camerina, in provincia di Ragusa, aveva sconvolto i cairesi che si ricordavano della famiglia Panarello.
A tal punto che prima di sapere della diretta implicazione della giovane nel delitto, a Rocchetta si voleva organizzare una fiaccolata per ricordare il piccolo e soprattutto per mostrare solidarietà a Veronica. E ancora oggi, tra coloro che l’hanno conosciuta, serpeggia l’incredulità per un gesto così crudele come quello di cui è accusata già in secondo grado di giudizio.