Savona. Non solo era accusata di esercitare abusivamente la professione di dentista, ma anche di aver causato delle lesioni permanenti a tre pazienti effettuando lavori odontoiatrici. Per questo, stamattina, una cinquantaseienne milanese, Anna Maria Balboni, è stata condannata in tribunale a Savona a quattro anni di reclusione.
Insieme a lei è stato condannato a due mesi, con la sospensione condizionale della pena, anche un medico dentista, Salvatore Caretta, 66 anni, che era accusato di aver favorito l’attività abusiva della “collega” effettuando visite negli studi ad Albenga e Borghetto.
In particolare – questa era la tesi della Procura – Caretta avrebbe aiutato Balboni a rimediare ad alcuni degli interventi andati male, ma avrebbe anche eseguito alcune operazioni che la falsa dentista non sarebbe stata in grado di eseguire.
Il giudice Filippo Pisaturo ha anche condannato la Balboni a versare una provvisionale di ottomila euro (la quantificazione definitiva del danno dovrà invece essere definita in sede civile) ad una delle sue ex pazienti, G.P., che si era costituita parte civile con l’assistenza dell’avvocato Graziano Aschero (oggi sostituito in aula dalla collega Francesca Aschero).
Era stato proprio grazie alla querela presentata da G.P. e da altri due clienti della presunta dentista che era scattata l’indagine dei carabinieri. I problemi erano iniziati in seguito ad alcuni interventi che erano andati storti: da lì erano partite una serie di segnalazioni che avevano messo nei guai la donna. Nel corso delle indagini della Procura erano state iscritte sul registro degli indagati altre tre persone, tra cui Caretta (due avevano invece definito la loro posizione in udienza preliminare), che l’avrebbero appunto aiutata nella sua attività.
Ad Anna Maria Balboni veniva contestato di aver esercitato abusivamente la professione a Borghetto, ma anche ad Albenga, dove fino all’aprile del 2010 riceveva pazienti in studio sottoponendoli a cure odontoiatriche pur senza averne titolo.
Uno dei carabinieri che si era occupato delle indagini, nel corso della sua deposizione in aula, aveva ricordato come nel portone dello studio non era presente alcuna targa con il nome della dottoressa che non si trovava nemmeno sull’elenco telefonico.