Ginecologhe a giudizio

Cesareo ritardato, la testimonianza della partoriente: “Non sentivo più mia figlia”

Due medici del San Paolo sono accusate di lesioni colpose gravissime

tribunale Savona

Savona. E’ ripreso questa mattina il processo che vede a giudizio due ginecologhe dell’ospedale San Paolo di Savona, G.P. e C.O., per lesioni personali colpose gravissime in concorso.

La vicenda risale all’agosto del 2010, quando, secondo l’accusa, le due imputate non avrebbero correttamente valutato le condizioni di una partoriente ritardando un parto cesareo che invece si sarebbe dovuto eseguire con urgenza. Una decisione che avrebbe causato un “danno organico cerebrale da sofferenza ipossica” alla neonata.

Nel dettaglio, le due ginecologhe (difese dagli avvocati Fausto Mazzitelli e Massimo Botta), secondo la contestazione della Procura, a fronte di un tracciato cardiotocografico ipovariabile, con multiple decelerazioni, avrebbero dovuto concludere che c’era una grave sofferenza fetale in atto e, di conseguenza, disporre, un cesareo urgente. Per l’accusa invece la cesarizzazione fu ritardata (la paziente era entrata al San Paolo alle 3 di notte e l’intervento fu eseguito alle 8,59 del mattino seguente) non impedendo quindi che la neonata subisse un danno organico cerebrale.

Tra i testimoni che hanno deposto oggi in aula c’era anche la mamma della bimba che ha rivissuto quei terribili momenti: “Mi sono resa conto che qualcosa non andava: non la sentivo più muoversi e l’ho detto alla dottoressa”. La donna ha ricordato che, nonostante fosse arrivata in ospedale nella tarda serata fino alla mattina non la fecero partorire: “Ero angosciata perché fino a quel momento la piccola si era sempre mossa tantissimo e non sentirla mi faceva preoccupare”.

La mamma ha poi raccontato quello che è successo dopo il parto: “C’è stata una corsa al Gaslini, mia figlia era in arresto cardiaco. Per salvarla i medici hanno adottato un protocollo sperimentale: in pratica l’hanno ‘congelata’ perché la mia bambina è stata messa in ipotermia per 72 ore”.

Dopo lo spavento iniziale la piccola è stata sottoposta ad un complesso percorso di riabilitazione: “Aveva bisogno di cure costanti, di essere continuamente stimolata e io per riuscire a seguirla mi sono dovuta licenziare. Per quattro anni ha seguito uno specifico protocollo di controllo e quando avrà sei anni ci aspettano altri test. Ovviamente quello che è successo mi ha segnato” ha spiegato la donna.

Al termine delle deposizioni dei testimoni il processo è stato rinviato al prossimo luglio per la prosecuzione dell’istruttoria. I genitori della piccola sono parte civile nel processo con l’assistenza degli avvocati Amedeo Caratti e Massimo Badella.

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