Savona. “Psicologicamente devastata”: così il dottor Antonio Maria Ferro, Direttore del Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze dell’Asl 2 Savonese, ha descritto Elisabetta Bertolotto dopo averla visitata sia ieri sera che questa mattina. “Una donna distrutta, in evidente stato confusionale”, dice lo specialista che ha avuto modo di parlarle a poche ore dall’omicidio del figlioletto di lei, ucciso ad appena tre anni di età.
Per spiegare questo omicidio si è parlato di raptus di follia, di depressione post partum e della preoccupazione della donna di avere un figlio con problemi fisici (pare che il bimbo avesse difficoltà a parlare). Patologie, in particolare quella della depressione post partum, che gli “addetti ai lavori” si trovano a dover affrontare più spesso di quanto si possa immaginare. Ma Elisabetta, dice il dottor Ferro, “non aveva dato segnali preoccupanti, o almeno nessuno è stato in grado di recepirli, nemmeno in famiglia. La donna non era in cura da nessun specialista, si tratta di un fatto non prevedibile”.
“Una persona con quel tipo di problema – spiega l’esperto – manifesta disagio già prima della nascita del bambino, disagio che può manifestarsi con la paura legata al parto o con il rifiuto di prendere in braccio il figlio una volta nato. Ci sono piccoli segnali d’allarme che, se recepiti, possono essere curati. Noi lo facciamo. Per cui respingo con forza l’accusa mossa dal presidente di Federvita Liguria di essere ‘assenti’ in questo senso. Come Dipartimento di Salute Mentale e Dipendenze ci preoccupiamo di sottoporre le future mamme a test psicologici con lo scopo di individuare comportamenti ‘sospetti’ e misurare il ‘rischio depressivo'”.
Ecco i dati ricavati dalla compilazione di questi questionari: su 166 intervistate, 14 gestanti 8(,4%) hanno manifestato una significativa sintomatologia depressiva, 22 future mamme (13,3%) presentano tre o più fattori di rischio sociale, mentre 6 (ossia il 3,6%) sono sia a rischio depressivo che sociale.