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Per un pensiero altro

Riaprono le scuole

"Per un Pensiero Altro" è la rubrica filosofica di IVG: ogni mercoledì, partendo da frasi e citazioni, tracce per "itinerari alternativi"

Pensiero Altro 15 settembre 2021

“Sognavo di poter un giorno fondare una scuola in cui si potesse apprendere senza annoiarsi, e si fosse stimolati a porre dei problemi e a discuterli; una scuola in cui non si dovessero sentire risposte non sollecitate a domande non poste; in cui non si dovesse studiare al fine di superare gli esami” scriveva Karl Popper nell’ormai lontano 1974 in “La ricerca non ha fine”. È piuttosto raro che mi soffermi su argomenti strettamente legati all’attualità specie perché spesso sono strumentalizzati da partiti o movimenti, da gruppi del momento, magari sostenitori di una certa posizione in nome di pseudo ideologie sommariamente mal comprese, non mi voglio accodare alla pletora di scontenti mugugnanti contro la mediocre manipolazione dei media, contro i poteri forti deboli e/o occulti, per cui ritorno al tema pur consapevole che la mia ovvia e forse banale generalizzazione non è poi così lontana da quanto accade il più delle volte nello specifico, in ogni caso mi sembra interessante una riflessione sul tema della scuola alle porte del nuovo anno scolastico. Preciso subito che non mi interessa affrontare il tema da un punto di vista medico sanitario, lo lascio ai “competenti” che, come sappiamo, riescono a disputare tra loro assicurando l’infondatezza delle affermazioni dell’altro: no grazie. Proviamo a parlare del tema che dovrebbe essere centrale per la scuola? Incredibilmente mi riferisco a cosa e come insegnare!

Chiunque, anche se non ha mai insegnato o studiato pedagogia o approfondito il problema della comunicazione e della didattica, si sente misteriosamente in diritto di spiegare come un insegnante dovrebbe fare il suo lavoro e questo con la motivazione che il figlio/a protagonista dell’azione pedagogica è “suo” o che “ai suoi tempi la scuola …”. Provate ad immaginare il proprietario dell’auto che volesse insegnare al meccanico come ripararla poiché l’auto è di sua proprietà o perché la guida. Certo, si presume che l’autista sappia guidare e che conosca bene i vari “rumorini” del suo mezzo, come accade a tutti quelli che utilizzano a lungo auto o moto che sia, ma questo non significa che abbiano acquisito competenze in ambito di meccanica. Ricordo le meste parole di un amico medico che mi stava spiegando le ragioni che lo avevano indotto ad andare in pensione appena gli era stato possibile: “Negli ultimi tempi – commentava mestamente – arrivavano pazienti che, dopo aver letto qualche studio riassunto da chissà chi su internet, pretendevano che somministrassi loro un qualche tipo di medicinale, ad un certo punto non ne potei più e chiesi al signore che insisteva al riguardo: “Ma perché mi sta dando del deficiente?” Mi guardò sorpreso e mi assicurò di non averlo fatto, allora proseguii: “Ma come no, ha appena affermato che ho preso una laurea in medicina e due master di specializzazione, che esercito l’antica arte ippocratica da trent’anni continuando a studiare mentre lei in un paio d’ore grazie ad internet ne sa già più di me”. Poveri insegnanti alle prese con genitori troppo spesso capaci di pretendere da loro una tuttologia impossibile per poi considerarne meriti e competenze misurandoli alla luce della loro infima retribuzione. Certo, se davvero l’unità dell’Europa fosse reale anche gli insegnati autoctoni si vedrebbero elevare lo stipendio almeno al doppio dell’attuale, probabilmente, se così fosse, la loro professione verrebbe rivalutata agli occhi del cittadino medio che, forse, ne avrebbe maggiore considerazione. Fortunatamente sono ancora numerose le persone che stimano più la cultura che non un conto corrente cospicuo e so per certo che nessuna di queste sta pensando di replicare a quanto appena scritto consapevole di essere una meravigliosa minoranza.

Irrilevante che negli ultimi anni siano aumentati gli studenti per classe e non gli insegnanti per alunno? È doveroso sottolineare che non inserisco nel computo i “docenti di sostegno” e la recente grande infornata di avvocati e commercialisti … è un aspetto paradigmatico ma marginale rispetto a quanto stiamo argomentando in questa sede. Poi ecco sopraggiungere la pandemia e la soluzione della DAD, uno dei tanti acronimi che, fortunatamente, questa volta non è l’ennesimo ossequio all’imperante anglofilia, significa, come tutti sanno, didattica a distanza. Credo che la maggior parte dei genitori si auguri che i propri figli possano tornare a fare lezione in classe e non solo per non averli in casa. I dati relativi agli ultimi rilievi Invalsi sono stati preoccupanti e sono il risultato di lunghi mesi consumati dai nostri giovani davanti ad uno schermo a seguire le lezioni di insegnanti trasformatisi in una voce o comunque ad un operatore internet anche se la meravigliosa classe docenti del nostro paese ha fatto di tutto per ovviare alle evidenti difficoltà. Davvero non ci si rende conto della centralità della figura docente nell’azione di crescita dell’individuo? Davvero si è così banalizzato il pensiero da credere che erudizione, informazione e cultura siano identiche? Davvero si può immaginare di rinunciare all’essere umano come soggetto predisposto ad un pensiero libero per sostituirlo con un “abile produttore ed avido consumatore”?

Nelle perenni riforme scolastiche promosse dai sempre più improbabili ministri dell’Istruzione che si sono susseguiti negli ultimi governi, ma oramai da decenni, non si parla mai di contenuti, solo di metodi e di fini che, credo sia ora di denunciarlo, sono sempre ancillari al mondo del lavoro. I genitori per primi si chiedono “A cosa serve?” in riferimento a discipline, conoscenze e competenze che non hanno un’evidente spendibilità occupazionale. Insomma: “Chi se ne frega se mio figlio è incapace al pensiero, l’importante è che sappia fare ciò che produrrà ricchezza per lui, io sono un pragmatico”. E bravo papà, un figlio depensato ma ricco, te lo meriti, ma non è detto che se lo meriti lui, e comunque poi non domandarti perché la logica dominante sia quella della prostituzione. I nostri ragazzi sono troppo spesso soli e fragili, ma non si accorge nessuno di quanto siano limitati nella comunicazione, nella relazione, nella libertà di pensiero? Possibile che non interessi a nessuno? Possibile che si ipotizzi che abbiano bisogno solo di eccellenti mezzi informatici e banchi a rotelle? Davvero c’è qualcuno convinto che si possa sostituire la presenza fisica e umana di un docente con un video divulgativo? Anzi c’è chi sostiene che la didattica a distanza possa divenire addirittura un vantaggio per i più riservati o facili alla distrazione perché, fra le pareti domestiche, si vedono meglio garantita concentrazione serenità e … solitudine … altro immensa questione che non possiamo affrontare ora!

Tornando al sogno di Popper: come possono mai non annoiarsi gli studenti privati della fascinazione messa in atto da tanti seri e preparati docenti? Come discutere di problemi se la cultura è stata svuotata ed equiparata ad “informazione da spot virtuali”? Come evitare stupide risposte se le domande vertono solo sul come e mai sul perché? Se l’obiettivo è il cosiddetto “successo scolastico” ottenuto azzeccando quale quadratino barrare nel questionario di verifica, l’attività del discente non si riduce al solo “studiare al fine di superare gli esami”? Sono convinto che la Cultura sia l’unica cura per la triste patologia dell’omologazione e mi sembra utile ricordare quanto affermava Piero Calamandrei in tempi non sospetti: “Trasformare i sudditi in cittadini è il miracolo che solo la scuola può compiere” ma sembra che ora ci si attenda l’esatto opposto.

Per un Pensiero Altro è la rubrica filosofica di IVG, a cura di Ferruccio Masci, in uscita ogni mercoledì.
Perchè non provare a consentirsi un “altro” punto di vista? Senza nessuna pretesa di sistematicità, ma con la massima onestà intellettuale, il curatore, che da sempre ricerca la libertà di pensiero, ogni settimana propone al lettore, partendo da frasi di autori e filosofi, “tracce per itinerari alternativi”. Per quanto sia possibile a chiunque, in quanto figlio del proprio pensiero.
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