Liguria. Il deputato genovese Marco Rizzone, eletto tra le fila del Movimento 5 Stelle, ha scelto la piattaforma di Facebook, attraverso un video, per spiegare la sua posizione, dopo essere stato scoperto tra coloro che hanno chiesto e ottenuto il bonus da 600 euro erogato dall’Inps per sostenere i titolari di partita Iva in difficoltà per l’emergenza Covid.
“Di essere dipinto come un disonesto, un infame o un ladro non lo accetto. Qui non è stato fatto nulla di illecito, nulla di illegittimo“, ha dichiarato, puntando il dito su un “decreto scritto palesemente male” (attaccando di fatto il suo stesso governo), e alla fine ha anche minacciato di “aprire il vaso di Pandora” sulle altre “questioni morali”.
“Se avessi voluto intascarmi dei soldi – ha argomentato il cinque stelle Rizzone, ora deferito ai probiviri del movimento – non mi sarei di certo tagliato più di 40 mila euro del mio stipendio da parlamentare, che invece ho donato per varie cause”. Poi ha continuato: “Non ha minimamente senso rinunciare a tali somme e poi pensare di arricchirsi con i 600 euro di indennizzo forfettario Inps”.
Il deputato non ha negato nulla di quanto gli viene contestato: “Pur non avendo materialmente richiesto io quanto previsto dalla legge per la mia categoria di partita iva, non incolperò (come hanno fatto altri) il mio commercialista dicendo che in automatico, sulla scia di altri assistiti, ha inoltrato la richiesta anche per me. Ne riconosco l’inopportunità e, consapevole che in ogni caso la responsabilità ultima è solo mia, sono pronto ad assumermela tutta e fino in fondo, come ho sempre fatto”.
Resta il fatto che il bonus Covid è stato incassato “a norma di legge” grazie a “un decreto scritto palesemente male, vuoi per la fretta, giustificabile, vuoi per l’incapacità di alcuni soggetti, non giustificabile, un decreto su cui in Parlamento nessuno dei colleghi moralizzatori è intervenuto per apportare modifiche che evitassero che l’indennizzo fosse dato a pioggia a prescindere dal reddito”.
Dunque un attacco politico al governo giallorosso, da Rizzone sostenuto, visto che “troppo spesso i provvedimenti ci arrivano blindati e immodificabili e vengono approvati a colpi di fiducia impedendoci di fatto la possibilità di esercitare il nostro ruolo di parlamentari. Su questo però nessuno dice mai niente”.
“È comodo puntare il dito contro qualcuno per nascondere le proprie mancanze. Ma è ancor più comodo (nonché molto triste) cavalcare la rabbia delle persone per provare a riprendersi un po’ di consenso in vista del referendum sul taglio dei parlamentari o delle elezioni regionali. A me questo tiro al piccione disgusta parecchio“.
Perché “significa non farsi il minimo scrupolo nel mettere alla gogna una persona pur di gettar fumo negli occhi di voi cittadini, illudervi che la colpa sia di chi in base a una legge dello Stato ottiene un contributo previsto per la sua categoria e non di chi quella legge è incapace di scriverla in modo che non vi siano eventuali distorsioni”, ha proseguito Rizzone.
Insomma, secondo il parlamentare genovese chi dovrebbe vergognarsi sono altri: “Qualcuno parla di morale. Punti di vista: per me sono immorali gli evasori, i ladri …che però in questo Paese sono tutelati dalla Privacy – ha attaccato ancora. – E allora voglio lanciare una sfida ai colleghi parlamentari e allo stesso Garante della Privacy che sull’onda del populismo più becero hanno chiesto di fare i nomi dei Parlamentari che hanno ottenuto (ripeto lecitamente) il bonus. Perché non pubblichiamo, come già fanno in 17 Stati europei, i nomi di chi ha veramente rubato risorse allo Stato evadendo le tasse?”
E alla fine un monito che suona come una minaccia: “Goccia dopo goccia il vaso trabocca. E se è un vaso di Pandora, prima o poi, qualcuno lo dovrà aprire”.