Aveva 91 anni

Morto Angelo Carossino, fu sindaco di Savona e presidente della Regione

Il ricordo di Toti: "Una morte che addolora, la sua scomparsa è una perdita per tutta la regione"

Comune di Savona
Foto d'archivio

Savona. Si è spento a 91 anni Angelo Carossino, ex sindaco di Savona dal 1958 al 1967 ed ex presidente della Regione Liguria dal 1975 al 1979. Fu esponente del Partito Comunista Italiano: alle elezioni europee del 1979 venne eletto deputato europeo per le liste del PCI, e riconfermato 5 anni dopo.

“Profondo cordoglio per la scomparsa di Angelo Carossino, che era il più anziano tra gli ex presidenti di Regione, e sentite condoglianze alla sua famiglia – è il commento del presidente Giovanni Toti a nome anche della Giunta regionale ligure – Una morte che addolora per le sue doti umane e anche per la sua intelligenza e la sua capacità di ricoprire molteplici ruoli istituzionali e politici sempre con un profondo rispetto degli avversari. La sua scomparsa è sicuramente una perdita per tutta la regione”.

“Con la scomparsa di Angelo Carossino, ci lascia un pezzo importante della storia della sinistra savonese e genovese del dopoguerra – ricordano Gruppo PD Regione Liguria, Federazione provinciale PD Savona e il Coordinamento comunale PD Savona -. Carossino è stato una delle figure più autorevoli in Liguria della tradizione riformista e di governo del PCI, nonché esponente di spicco di quella generazione di operai che, dopo aver partecipato alla Resistenza, ha saputo farsi classe dirigente. Nato nel 1929, mosse si formò a Genova e si trasferì a Savona negli anni ’50. Qui fu vicesegretario provinciale e poi, dal 1958 al 1967, sindaco della città. In quella veste diede l’avvio al progetto del Piano Regolatore Intercomunale del Savonese (PRIS), uno strumento urbanistico che sarebbe considerato innovativo anche oggi, per il suo sforzo di vedere la programmazione urbanistica in modo comprensoriale, senza chiudersi entro i confini comunali. In seguito tornò a lavorare nel capoluogo ligure, nominato segretario regionale del PCI, eletto per due volte consigliere regionale nel collegio di Genova, dove prima fu capogruppo (1970-1975), poi Presidente della Giunta regionale (1975-1979). In seguito fu eletto al Parlamento Europeo per due legislature (1979‐1989)”.

“Negli ultimi anni, tornato stabilmente ad Albisola Superiore dove viveva con la famiglia, aveva continuato senza incarichi a dare il proprio contributo di idee. Siamo vicini alla famiglia, in questo momento di dolore che però si accompagna alla consapevolezza che il ricordo di Angelo Carossino resterà vivo nella sinistra ligure”.

Di seguito il ricordo di Franco Astengo.

Scompare con Angelo Carossino l’ultimo protagonista di una fase intensa di sviluppo della nostra Città, nel corso della quale si determinò l’espansione oltre il Letimbro con la creazione delle zone di Corso Tardy e Benech e di via Don Minzoni e con lo spostamento (incompleto) della stazione ferroviaria a Mongrifone.

Il nome di Carossino è legato però anche ad una pagina importante nella vita del PCI savonese: PCI che dalla Liberazione fino agli anni’90 esercitò quasi ininterrottamente una funzione egemone nella vita politica e amministrativa di Savona.

Carossino arrivò da Genova assieme a Olga Roncallo e Michele Guido all’indomani dei tormenti che avevano agitato la federazione savonese del Partito Comunista dopo i fatti d’Ungheria, con le dimissioni del segretario provinciale (e Sindaco del capoluogo) Amilcare Lunardelli, limpida figura di antifascista oggi abbastanza dimenticato.

Carossino assunse la direzione del partito che allora aveva ancora sede all’inizio di Corso Italia, nel tratto a fianco della sede dell’INPS di Piazza Marconi, di fronte alla sede della Camera del Lavoro: fu in quel periodo che entrambe le sedi si trasferirono, il Partito in via Paleocapa al numero 17 e la CGIL in via Giusti, proprio in quell’Oltreletimbro che si stava costruendo in mezze alle “crose” e ai “ciappin”.

Carossino, uomo dal piglio autoritario di estrazione “amendoliana” (come del resto il segretario regionale dell’epoca Giuseppe D’Alema, arrivato a Genova da Roma proprio nei giorni dei fatti del “Luglio’60”) era stato chiamato (come del resto Michele Guido alla Camera del Lavoro) a dirigere una federazione nella quale il dibattito appariva, per così dire scomodo: all’VIII congresso, nel dicembre 1956, uno degli esponenti di maggior spicco intellettuale della federazione savonese, Giovanni Battista Urbani, aveva addirittura – nella commissione politica – tenuto testa a Togliatti nel fornire una interpretazione “da sinistra” delle sue “perplessità” al riguardo dell’intervento sovietico in Ungheria.

Nel 1957 Urbani divenne Sindaco della Città, nonostante proprio l’opposizione di Amendola in quel momento responsabile dell’organizzazione nella segreteria nazionale: esplose poi il “caso Ghelardi” quello del “ragionier miliardo” e l’amministrazione formata da PCI e PSI fu costretta a dimettersi e il consiglio comunale fu sciolto.

L’assoluta correttezza dell’amministrazione socialcomunista di Savona fu poi riconosciuta ampiamente con diverse sentenze del Tribunale emesse negli anni successivi.

Subentrò così alla guida di Savona il commissario dott. La Corte che diede vita a una serie di lavori molto importanti fra i quali il completamento dello stadio di Legino e il completo rifacimento di via Paleocapa.

Si andò alle elezioni il 7 novembre del 1960 e la DC pensava di approfittare di queste travagliate vicende per scalzare la sinistra dalla guida del Comune.

Ciò non avvenne: comunisti e socialisti rimasero in maggioranza sia pure con soli 21 seggi (14 comunisti, 7 socialisti) e Carossino divenne sindaco.

Come già segnalato all’inizio Savona si trovava in una fase di nuova espansione, pur soffrendo dell’avvio di un ridimensionamento nella struttura industriale.

La Città vide la nascita di nuovi quartieri nella zona dell’Oltreletimbro, il porto aveva ripreso grande vigore nei traffici grazie all’intenso lavoro della Compagnia Pippo Rebagliati e di importanti agenzie marittime, erano vivissime le attività culturali, sportive, di iniziativa politica e sociale: si preparava la stagione dei quartieri e dell’estensione del welfare che poi avrebbe caratterizzato i primi anni’70.

Carossino fu il Sindaco che promosse, diede impulso, regolò quel momento di grande fervore: sicuramente uno dei Sindaci più attivi e importanti della nostra storia.

Restò insediato nella carica di primo cittadino fino al 1966: allorquando il PSI, obbedendo al richiamo del “preambolo Forlani” che chiedeva l’omogenizzazione del colore delle giunte al governo nazionale di centro – sinistra, strinse una fragile alleanza con la DC.

Fu eletto sindaco l’avv. Benedetto Martinengo, limpida figura di coerente socialdemocratico, poi rapidamente sostituito da Carlo Zanelli in nome di una maggiore omogeneità con gli intenti della federazione socialista (in quel momento unificata con quella socialdemocratica) nella quale stava già facendosi largo l’ingombrante figura di Alberto Teardo, poi protagonista di uno dei più grandi scandali anticipatore di Tangentopoli nei primi anni’80.

Carossino passò poi all’incarico di segretario regionale membro della Direzione nazionale del PCI.

Eletto nel 1970 in Regione, nel 1975 fu il primo presidente della giunta regionale eletto da una maggioranza di sinistra.

Nel 1979 Carossino fu eletto al parlamento europeo, poi confermato con le elezioni del 1984.

Una fulgida carriera politica, accompagnata da un grande impegno culturale nel campo delle arti visive, al fianco della moglie Bice, storica professoressa di matematica nei nostri istituti cittadini, e partigiana combattente.

Era un uomo deciso, esprimeva un piglio che era difficile contraddire, concepiva la politica con grande pragmatismo: un grande personaggio per una storia della nostra Città che forse rispetto a quel periodo andrebbe scavata meglio a fondo.

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