Savona-Albenga. Un dramma immenso, che non staremo a sviscerare nei minimi particolari, anche e soprattutto per tutelarne i protagonisti. Ma vi raccontiamo la storia, corredata da un appello disperato, di una famiglia savonese, con 3 figli minori, in seria difficoltà.
A dire il vero ve ne avevamo già raccontato un piccolo spaccato lunedì, in relazione alla notizia di cronaca che ha visto i componenti del nucleo familiare “occupare” in maniera civile l’atrio del Comune di Savona, alla ricerca di un colloquio diretto con le istituzioni. Il tutto seguito dalla posizione del Comune, per voce dell’assessore Romagnoli.
Oggi ci troviamo a riparlarne e nuovamente in relazione ad un fatto di cronaca, ma questa volta abbiamo anche contattato direttamente la famiglia, per farci raccontare le loro vicissitudini e richieste. Questa mattina, infatti, marito e moglie sono ritornati in municipio e lì la donna si è incatenata, in senso letterale, ai maniglioni di ingresso del palazzo.
È intervenuta la polizia locale nell’occasione, che gli stessi coniugi hanno definito “gentile e molto disponibile”. Gli agenti sono riusciti a farli desistere e, poco dopo, c’è stato il tanto atteso incontro con l’assessore savonese, che non è andato però come previsto, almeno nelle intenzioni della famiglia.
“A nostro avviso – ha spiegato il padre – l’assessore si è un po’ arrampicato sugli specchi. Ha dichiarato che il Comune di Savona ha pochi fondi, ma ha garantito che contatterà il Comune di Albenga, dove oggi siamo domiciliati, ma con uno sfratto in corso, cercando una sponda per darci una mano. Ma sa tanto di rimpallo di responsabilità, come accade spesso in questi casi”.
E qui è d’obbligo una specifica sulla storia di questo nucleo familiare, che ha vissuto per 8 anni in un alloggio in emergenza abitativa a Savona, ma che ha “perso”, insieme alla residenza. “A Savona – ha spiegato l’uomo – abbiamo sempre pagato l’affitto e ottemperato a tutto, ma ci hanno tenuto lì in 5, in una casa composta da due stanze, con i bambini che dormivano in 3 in un letto e senza mai fornirci il punteggio per avere una casa popolare vera e propria assegnata”.
Lui, grande lavoratore, non è mai stato con le mani in mano e ha sempre lavorato presso supermercati, macellerie, panetteria, spesso in nero, come accade in questi casi, ma come dicono in molti “il lavoro scarseggia e il poco che c’è va preso comunque”.
“Perso il lavoro qui, ne ho trovato uno ad Albenga, ma sempre ‘fittizio’ e non ho potuto far altro che accettare per poter far fronte alle spese. Ci siamo spostati ad Albenga per permettermi di lavorare e stare anche con la mia famiglia, ma era una cosa temporanea, con la speranza di tornare a Savona. Peccato che, appena venuti qui, la casa popolare ci è stata immediatamente tolta, c’è stato l’affidamento congiunto dei nostri figli con i Servizi Sociali del Comune savonese e ci siamo trovati senza casa e residenza”.
“Il domicilio lo abbiamo ad Albenga, ma ora, causa Coronavirus, ho perso anche quel lavoretto e non ne trovo altri nemmeno in nero. Quindi, non potendo pagare l’affitto è arrivato lo sfratto esecutivo, con il quale siamo alle prese oltre al resto, anche dalla casa ingauna. Perdere la residenza, inoltre, ha significato non poter accedere a nessun aiuto e mi mette nella condizione di non potermi nemmeno registrare in un ufficio di collocamento. Siamo disperati”.
Gli aiuti, si sa, soprattutto in questo periodo, fanno comodo a tutti e nessuno li rifiuta ma, al contrario di altri, le intenzioni di questo padre di famiglia sono tutto fuorché quelle di vivere di sussidi.
“Mai e poi mai permetterò che la mia famiglia venga mantenuta da un Comune o da una qualsiasi comunità. Non chiedo sussidi, chiedo una residenza che mi possa permettere di lavorare. Abbiamo passato tutta la vita a Savona e vorremmo che questa possibilità ci fosse concessa qui, ma nessuna preclusione per nessuno. Per mantenere la mia famiglia e dare da mangiare ai miei figli sono disposto a trasferirmi anche fuori Regione, ovunque. Qualcuno risponda al mio appello e ci aiuti”, ha concluso.