Alassio. Si sentono dimenticati i 20 dipendenti degli hotel “Bel Sit” e “Al mare” di Alassio ancora in quarantena a causa del coronavirus. È questa la denuncia di alcuni dei dipendenti rimasti in isolamento all’interno dei due alberghi.
Stando alle loro affermazioni, dopo la doppia partenza delle comitive di turisti lombardi e piemontesi avvenuta a fine della scorsa settimana, i riflettori dei media sulla condizione dei membri dello staff e dei titolari, che resteranno in isolamento nelle due strutture ricettive fino a martedì prossimo, pare si siano anzitempo spenti.
Anzi, sarebbe meglio dire “ingiustamente spenti”. La vicenda dei due alberghi ha scatenato un vero e proprio putiferio mediatico per diversi motivi: perché si trattava del primo caso conclamato nel nostro territorio (o comunque al di fuori della zone rosse di Lombardia e Veneto), per il numero di persone coinvolte, per le modalità con cui le istituzioni hanno gestito l’emergenza. Per cinque giorni gli occhi di tutta Italia sono rimasti puntati sui due hotel. Poi, una volta messa punto la macchina dell’assistenza in loco, una volta effettuati i trasferimenti degli ospiti, una volta emersi nuovi casi simili (come ad esempio a Laigueglia e Finale, giusto per restare nel savonese) l’attenzione è scemata e dei membri dello staff non si è saputo più nulla.
“Nei primi giorni – hanno spiegato alcuni dei membri dello staff dall’hotel – quando l’hotel era ancora pieno di turisti, noi dello staff abbiamo occupato le stanze libere. Dormivano in tre o quattro nella stessa camera. Poi, una volta che gli ospiti se ne sono andati, allora ciascuno di noi ha preso una camera per sé. Ovviamente prima di spostarci è stato necessario sanificarle. Ce ne siamo occupati noi direttamente. Così come noi ci siamo occupati di assistere tanti anziani ospiti che non riuscivano da soli a provvedere a loro stessi”.
Le giornate ora trascorrono tutte uguali: “Inutile dire che abbiamo un sacco di tempo libero. Stiamo tutti insieme nella sala principale. Giochiamo a carte, chiacchieriamo. Non portiamo neanche più le mascherine. Laviamo noi stessi i nostri panni. L’Asl ci porta i pasti, ma qualche volta parenti o amici ci portano un panino, un pacchetto di sigarette, un cambio di vestiti o qualunque cosa di cui possiamo avere bisogno. Per fortuna c’è chi ci aiuta. Non fosse per loro, nessuno si ricorderebbe di noi”.
Perché, come detto, alcuni membri dello staff si sentono a dir poco dimenticati: “Da quando l’ultimo gruppo è partito, i controlli dell’Asl sono diminuiti. Ormai sono quattro giorni che nessuno viene più a farci visita, a prenderci la temperatura o a vedere come stiamo. Non abbiamo più ricevuto neanche una telefonata. Ci consegnano solo i pasti sottovuoto: vengono lasciati fuori dalla porta e noi li portiamo dentro. Abbiamo chiesto una cassetta di arance per fare una spremuta, ma senza fortuna”.
E “anche fuori dall’hotel i controlli si sono molto ridotti. Fuori dall’hotel non c’è quasi più nessuno. Potremmo uscire e nessuno se ne accorgerebbe”.
In questi giorni le cose da fare non sono mancate: “Quando se ne sono andati, tanti turisti hanno lasciato il cibo avanzato nelle camere. Nessuno lo ha portato via, così siamo andati noi del personale, armati di guanti e mascherine, a fare il giro camera per camera. Non ce ne saremmo dovuti occupare noi, ma tanta roba sta andando a male e ormai non c’era altra soluzione”.
A questo punto, però, il problema è diventato la gestione dei rifiuti: “Per qualche giorno abbiamo tenuto la spazzatura all’interno, in un cavedio. Ma ormai la situazione è diventata ingestibile e così abbiamo messo tutto fuori dalla porta. Speriamo se la portino via presto”.
Insomma, per alcuni lavoratori ancora in quarantena la rabbia si mischia all’amarezza: “Nei primi giorni abbiamo visto tanti politici. Ora nessuno si ricorda più di noi”.









