Approvato

Regione, il consiglio approva l’ordine del giorno a sostegno di Radio Radicale

Astensione al voto da parte degli esponenti del Movimento 5 Stelle

Sedi istituzionali e palazzi del governo

Regione. Il Consiglio Regionale della Liguria ha approvato un ordine del giorno in difesa del ruolo di informazione e di servizio pubblico svolto da Radio Radicale, con la richiesta al Governo di una proroga della convenzione che permette la trasmissione della attività parlamentare e che terminerà il prossimo 20 maggio .

Il documento – a prima firma del consigliere Claudio Muzio – è stato sottoscritto da Angelo Vaccarezza (Forza Italia), Giovanni Lunardon, Luigi De Vincenzi e Luca Garibaldi (PD), Gianni Pastorino e Francesco Battistini (Rete a Sinistra/Liberamente), Giovanni Boitano e altri consiglieri, sostenuto da tutti i gruppi (escluso il M5S) e approvato con con 23 voti a favore e 4 astenuti .

“La Liguria è la sesta Regione a pronunciarsi a favore di Radio Radicale dopo Lombardia, Lazio, Umbria, Sicilia e Friuli Venezia Giulia; lo stesso hanno fatto i consigli comunali di città come Genova – Imperia – Milano – Palermo – Matera. Ricordiamo che per lo stesso motivo Rita Bernardini, Maurizio Bolognetti (da ben 50 giorni), Irene Testa, Maria Antonietta Farina Coscioni e altri militanti radicali hanno intrapreso uno sciopero della fame”, ha dichiarato Stefano Petrella per il Partito Radicale.

“In questo frangente della nostra vita politica e nel contesto della comunicazione, – ha dichiarato Angelo Vaccarezza (Fi), – la voce di Radio Radicale merita di continuare ad arrivare alle orecchie degli italiani, perché, come diceva Luigi Einaudi, maestro di liberalismo e di democrazia, e come riporta il motto dell’emittente, per deliberare occorre conoscere. E la conoscenza diretta ed approfondita dei fatti, che Radio Radicale veicola, è il miglior antidoto a tutte le distorsioni e a tutte le fake news che oggi, purtroppo, sembrano farla spesso da padrone nel campo dell’informazione e della politica”.

“Radio Radicale è un esempio di realtà privata che svolge un prezioso servizio pubblico. Come riconosciuto dalla legge 230 del 1990, è una ‘impresa radiofonica che svolge attività di informazione di interesse generale’. Un patrimonio di tutti, che va salvaguardato. Ringrazio i colleghi consiglieri che hanno sottoscritto e votato il documento da me presentato”.

“Vogliamo dedicare l’approvazione di questo ordine del giorno alla memoria di Massimo Bordin, storica voce di Radio Radicale da poco scomparsa, giornalista colto e raffinato che per tanti anni, con la sua rassegna stampa mattutina, ha offerto agli ascoltatori un’informazione intelligente ed approfondita sulle vicende della vita politica italiana”, ha concluso Vaccarezza.

Ad astenersi è stato il Movimento 5 Stelle che ha spiegato il motivo della scelta attraverso le parole del consigliere Marco De Ferrari: “Sull’Odg di Aula, oggi abbiamo deciso di astenerci perché nessuno ha deciso di chiudere Radio Radicale. Dal Governo infatti non è arrivata questa intenzione. Che resti, che parli, trasmetta liberamente ma lo faccia senza i soldi di tutti. Essendo un’emittente privata, infatti, è giusto che cammini con le proprie gambe, come fanno tutte. Come MoVimento 5 Stelle, coerentemente a quanto da dieci anni abbiamo sempre detto, ci stiamo muovendo per chiudere i fondi pubblici all’editoria (non solo a Radio Radicale)”.

“Radio Radicale percepisce a oggi circa 14 milioni di euro, divisi in due capitoli: 4 milioni annui per il fondo per l’editoria (per una legge del 1990) e questa quota potrà essere azzerata al 2022; in più 10 milioni, sempre annui, tramite una convenzione che fu sottoscritta nel 1994, all’epoca del primo governo Berlusconi, poi prorogata da tutti i Governi successivi senza mai una gara, con lo scopo di trasmettere le sedute parlamentari, che però oggi sta già facendo (e meglio) la RAI nei propri appositi canali. La legge di bilancio 2019 proroga questa convenzione fino a giugno 2019. E questa quota sarà dimezzata, non azzerata per quest’anno”.

“Radio Radicale resta un’emittente di partito, del Partito Radicale. E, tra le battaglie sostenute da questo partito, c’è anche l’eliminazione dei fondi pubblici ai partiti che, come MoVimento 5 Stelle abbiamo (da soli nel panorama politico) applicato da subito appena entrati in Parlamento, rifiutando ogni forma di finanziamento pubblico (42 milioni di euro rifiutati già nel 2013), mentre tutti gli altri partiti che ora tessono le lodi dei Radicali, hanno da subito ignorato il referendum che li aboliva cambiandone il nome (divennero infatti ‘rimborsi elettorali’), continuando a riceverli e prendendo in giro non solo i cittadini, ma anche i radicali stessi. Ora non si comprende per quale ragione i radicali pretendano fondi pubblici a un’emittente di partito, che diventerebbe un finanziamento al partito mascherato”.

“Il servizio pubblico è la RAI. Tutti gli altri servizi di informazione privata devono stare sul mercato se stanno in piedi sulle proprie gambe. E questo è il ‘liberismo’, altra famosa battaglia sostenuta dagli stessi radicali”, hanno concluso all’unanimità i consiglieri del M5S.