Savona. Nella notte tra il 3 e il 4 ottobre 2018 era stato arrestato dai carabinieri della compagnia di Savona con l’accusa di aver cercato di costringere una quarantenne savonese ad avere un rapporto sessuale dopo averla chiusa in una baracca isolata nella zona di via Vittime di Brescia. Una vicenda per la quale, questa mattina, un ventinovenne marocchino ha patteggiato una pena di un anno e quattro mesi di reclusione, senza sospensione condizionale della pena, per il reato di tentata violenza sessuale.
Inizialmente all’uomo (che al momento è ancora in carcere) veniva contestata anche l’accusa di sequestro di persona che nel frattempo, però, è caduta. Già durante l’interrogatorio di convalida di arresto, il marocchino aveva ammesso di aver tentato gli approcci sessuali, ma aveva negato con decisione di aver costretto la donna a restare nella baracca. Una ricostruzione sulla base della quale l’avvocato Paolo Gianatti, difensore dello straniero, aveva presentato una richiesta di archiviazione del reato che poi è stata accolta dal pm Chiara Venturi e dal gip Alessia Ceccardi.
Una volta caduta la contestazione di sequestro di persona, l’avvocato Gianatti ha presentato l’istanza di patteggiamento che è stato definito questa mattina davanti al gip Fiorenza Giorgi.
La sera dell’arresto, l’uomo era stato fermato dai militari prima che potesse abusare di una quarantenne che, da diverse ore, era con lui nella baracca. Quando i carabinieri del nucleo operativo radiomobile della compagnia di Savona avevano fatto irruzione si erano trovati davanti una scena piuttosto inequivocabile: l’uomo era in mutande sopra la donna mentre lei gridava disperatamente. A quel punto, non senza fatica, gli uomini dell’Arma avevano interrotto il tentativo di approccio sessuale del marocchino che aveva anche reagito cercando di colpirli.
A far scattare le ricerche della vittima era stata, intorno a mezzanotte, la telefonata della madre della quarantenne al 112. La signora, preoccupata per non averla vista rincasare per cena, la cercava senza successo da ore. Poi, a tarda sera, la quarantenne (alla quale il marocchino aveva requisito il cellulare) era riuscita a chiamare per chiedere aiuto. Fortunatamente la vittima era riuscita a dare un’indicazione di massima sulla sua posizione (“sono vicino ai Testimoni di Geova”) e, grazie alle ricerche concentrate nella zona di via Vittime di Brescia, i carabinieri l’avevano trovata in tempo.
Le indagini avevano permesso di ricostruire che i due si erano conosciuti nel pomeriggio in piazza delle Nazioni. Il marocchino era riuscito a conquistare la fiducia della vittima convincendola a farsi seguire nella baracca. Poi erano iniziate le avances, respinte, che avevano portato la situazione a degenerare.
“Non l’ho costretta a seguirmi in quel posto, ci conoscevamo da una settimana ed avevamo passato il pomeriggio insieme. Poi siamo andati nella baracca, avevamo bevuto tutti e due” aveva spiegato il marocchino al gip davanti al quale si era difeso: “Non ho fatto nulla che lei non volesse che io facessi. Ho tentato un approccio che lei ha respinto”. Il ventinovenne aveva anche spiegato di essere stato lui a dirle di chiamare la madre per farsi venire a prendere perché, essendo ubriaca, non voleva che si allontanasse di notte da sola.