Rito abbreviato

Accusato di violenza sessuale su una 13enne: pena ridotta in Appello per ristoratore savonese

L'uomo era accusato anche di sequestro di persona: davanti gip aveva ammesso l'approccio sessuale, ma aveva negato di aver costretto la minore a fare qualcosa che non voleva

Savona. Il 19 aprile scorso era stato condannato a cinque anni e quattro mesi di reclusione con il rito abbreviato per l’accusa di violenza sessuale pluriaggravata e sequestro di persona nei confronti di una tredicenne. La pena inflitta al ristoratore savonese Pasquale “Lino” Massari dal gup Francesco Meloni questa mattina è stata ridotta in corte d’appello a Genova a due anni e sei mesi di reclusione.

La riduzione della condanna per Massari, che era difeso dagli avvocati Luciano Chiarenza ed Elena Grignaffini, è stata possibile perché sono state concesse le attenuanti generiche che sono state ritenute prevalenti sull’aggravante contestata.

Le accuse nei confronti del ristoratore, che gestiva il “T-Rex” di via Giacchero a Savona, erano state confermate dalla ragazzina durante un’audizione protetta (svolta nell’ambito dell’incidente probatorio), alla presenza di una psicologa.

Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, la bimba era stata attirata all’interno del ristorante di Massari con l’inganno, grazie ad una banale scusa. A quel punto, approfittando del fatto che erano soli, si sarebbe consumato l’approccio sessuale con la bambina: un abbraccio ed un bacio (fortunatamente non c’era stato nessun rapporto completo). Poi la tredicenne era uscita dal ristorante di via Giacchero e, una volta a casa, aveva raccontato tutto ai famigliari.

Una versione che la ragazzina aveva ripetuto in Questura, davanti alla psicologa Lucia Tattoli, al gip Fiorenza Giorgi, al pm Giovanni Battista Ferro, oltre che al suo legale ed a quello che assisteva la famiglia della vittima.

Durante l’udienza di convalida davanti al gip, a pochi giorni dall’arresto, Massari aveva ammesso l’approccio sessuale, mostrandosi anche dispiaciuto per quanto accaduto (“Non so che cosa mi sia preso”), ma aveva respinto con decisione l’accusa che ci fosse stata da parte sua costrizione e soprattutto di aver tenuto la ragazzina sotto sequestro.

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