Don gero

Sinodalità dal basso e i giovani: la pastorale per Savona di don Gero

Il vescovo di Savona - Noli racconta il suo primo anno e i progetti del futuro, a cavallo dei lavori dei tavoli sinodali diocesani

calogero marino
Foto d'archivio

Savona. Calogero Marino è il vescovo della diocesi cattolica di Savona – Noli da gennaio 2017; è stato un anno di attenta e attiva pratica pastorale, che nella creazione dei tavoli sinodali e nell’appuntamento della scuola di preghiera ha avuto due momenti caratterizzanti. Ivg.it ha incontrato monsignor Marino per raccontare la Chiesa savonese e per dar voce al cammino che i cattolici savonesi stanno compiendo.

Monsignore, è a Savona da un anno: quali sono le impressioni?

Sono buone: come dico a tanti, sono contento di come sono stato accolto e di come è stata accolta la mia proposta pastorale, che peraltro è  il tentativo di mettere al centro della vita cristiana la Parola e il Vangelo, nella convinzione che illumini la vita e che possa generare percorsi.

Sono anche molto contento dell’accoglienza da parte dei preti e dei tre giorni vissuti a Sestri con loro, durante i quali abbiamo ragionato sulla fraternità della Chiesa.
E poi sono contento che questo mio desiderio di una Chiesa leggera e in ascolto della Parola incroci molte attese anche della gente di Savona, senza dimenticare l’incontro con i giovani, che per me è importante e smentisce l’assenza di pastorale giovanile che mi raccontavano.

Questa “Chiesa leggera” è un po’ quello che aveva in mente quando parlava di “mettere le tende fuori dalle mura” nella sua lettera pastorale?

Provengo da una realtà molto incentrata sulla parrocchia e credo molto in questa sua centralità; per questo vorrei che le parrocchie diventassero tende là fuori. Non è che non bisogna più stare in parrocchia: anche l’invito del Papa a uscire non significa chiudere le parrocchie o trasformarle in un museo, ma devono essere spazi che incontrano la vita reale delle persone, anche dei non credenti e dei lontani. Il problema non è cosa dovrà fare nei prossimi anni la Chiesa di Savona: il problema è come dovrà essere. Uscire fuori e mettere la tenda, per incontrare gli sfiniti della vita e i delusi dalla Chiesa: sono lì le domande religiose più vere.

Ha invitato i giornalisti a portare buone notizie: è lo stile anche di questo inizio di ministero?

Certo: sono convinto che Savona sia una diocesi bella, ricca di possibilità. Si, ci sono problemi – le vocazioni presbiterali, per esempio – ma seicento persone che partecipano ai tavoli sinodali, le presenze alla scuola di preghiera non sono piccole cose. Sono convinto che sia la comunicazione pubblica dei giornalisti, sia la pratica pastorale non riescano a dare voce al vero vissuto delle persone, che è già gravido di senso e di profonde domande religiose. La Chiesa deve ascoltare il vissuto della coscienza e aiutarlo a esprimersi ed è una questione che sento decisiva, soprattutto con i giovani.

Ha speso moltissime energie con i giovani: incontri vicariali, convegni scout, la scuola di preghiera…

Credo sia importante accogliere l’istanza del Papa, che quest’anno ha convocato un sinodo dei vescovi sui giovani, quindi siamo chiamati a mettere attenzione su questo. Ancora più a fondo, però, credo che ritrovare il filo di un’alleanza tra la Chiesa e i giovani sia decisivo per il futuro della Chiesa. Non nel senso banale, ma nel senso che serve trovare un’alleanza con i giovani, perché ci dicono quelle attese di luce che sono nel cuore di tutti, ma in loro sono più vive. E se non sappiamo accoglierle, rischiamo di ripetere il già fatto.

Ma anche le donne: i dieci componenti che ho nominato in consiglio pastorale sono tutte donne, perché credo davvero che sia importantissima una Chiesa che riscopra un modo femminile di essere, con l’attenzione alle relazioni, all’accompagnamento, alla cura.
E poi c’è una relazione personale: credo che anche per me ci sia un desiderio di essere padre, di accompagnamento. Sento che i giovani mi aiutano a esprimere un mio aspetto che è in tutti.

La scuola di preghiera ha avuto una partecipazione inattesa: è segno di uno spazio che andava occupato?

Credo di si: il desiderio di silenzio, di preghiera, di rientrare in sé stessi sia molto presente nell’uomo di oggi, a Savona come ovunque. E credo che la semplice modalità della scuola di preghiera – Parola, commento, silenzio – venga incontro a questa esigenza. Poi non crediamo abbastanza alla fecondità della Parola: se faccio spazio alla Parola, la Parola fa un percorso in me.

Perché un Sinodo a Savona?

Nonostante quello che tutti dicono, che si faccia un sinodo a Savona non è scontato: come ho scritto nella lettera: “il lavoro dei tavoli potrebbe confluire nella celebrazione di un Sinodo canonico”. Per me, paradossalmente, è più importante il lavoro dei tavoli, una sinodalità dal basso, una sinodalità informale, che non la celebrazione di un Sinodo canonico, che penso faremo nel 2019. Anche perché è una realtà giuridica, con la missione di discernere ma anche produrre norme e azioni concrete: lo scopo dei tavoli, invece, è provare a condividere tra tante persone con età, sensibilità, storie diverse, una passione per il Vangelo e per la Chiesa nel nostro territorio, camminando insieme anche nella Chiesa diocesana, un senso da riscoprire e qualcosa a cui appassionarsi.

Oggi l’idea di politica è molto degenerata, ma rimane un grande valore e un servizio alla comunità: oggi cosa può fare la Chiesa in questo?

Credo che il compito della Chiesa sia testimoniare e difendere la dignità di ogni persona, soprattutto dei piccoli, dei poveri e dei fragili. Forse con un’attenzione particolare verso le due età scartate: giovani e anziani, perché non esiste solo l’età adulta.

L’altro, se vogliamo, è l’importanza del bene comune: la politica non deve essere affermazione del proprio punto di vista. Giovanni Paolo II parlava di bene comune come “bene di tutti e di ciascuno”.

Infine credo che, per quanto possibile, la Chiesa debba offrire ai cristiani impegnati in diverse formazioni politiche delle occasioni di confronto e di formazione, uno spazio in cui i cristiani si possano ritrovare.