Tutti prosciolti

Vendita dell’ex canonica di Verzi: niente processo per gli ex vertici dell’Istituto Diocesano per il sostentamento del clero

Secondo il pm l'immobile era stato venduto a condizioni di favore al figlio dell'allora vice presidente dell'Ente Gianmarco Baldi

Savona Tribunale

Finale Ligure. Nel novembre del 2016 l’ex canonica di Verzi di Calvisio, un immobile di pregio del Seicento, era finita sotto sequestro preventivo nell’ambito di un’inchiesta della Procura sulla gestione dell’Istituto Diocesano per il sostentamento del clero di Savona. Una vicenda per la quale il pm Cristiana Buttiglione aveva chiesto il rinvio a giudizio di don Pietro Tartarotti, fino al 2014 presidente dell’ente ed ora parroco alle Fornaci, Gianmichele Baldi, vice presidente dell’istituto fino ad ottobre 2013, e il figlio di quest’ultimo, Gianmarco.

Questa mattina, però, in udienza preliminare, il giudice Fiorenza Giorgi ha emesso nei confronti di tutti e tre una sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste dalle accuse di malversazione a danno dello Stato (per Tartarotti e Gianmichele Baldi) e di ricettazione per l’acquisto a prezzi fuori mercato (per Gianmarco Baldi). Cadute anche le contestazioni per l’Istituto diocesano che era stato chiamato in giudizio per la responsabilità civile dell’ente.

Per conoscere i motivi esatti della decisione bisognerà attendere il deposito della sentenza (non è da escludere tra l’altro che il pubblico ministero decida di impugnarla), ma nel corso della discussione sarebbe emerso con chiarezza che non sussistevano i presupposti per contestare il reato di malversazione (perché, anche ammettendo che nell’operazione sia stato danneggiato l’Istituto di sostentamento del clero, non c’è prova che siano stati utilizzati finanziamenti dello Stato per una finalità diversa da quella per la quale erano stati erogati).

Opposto il punto di vista degli inquirenti secondo cui l’Istituto diocesano per il sostentamento del clero di Savona (commissariato nel 2014) aveva concluso un’operazione in perdita forte del fatto che i conti venivano poi ripianati dalla Cei anche attraverso i fondi dell’otto per mille.

Il pm Buttiglione sosteneva infatti che, nel 2012, l’ex canonica, che si trova in via Verzi nel territorio del Comune di Finale, sarebbe stata al centro di un’operazione di vendita a condizioni di favore. Ad acquistare l’immobile di pregio era stato proprio Gianmarco Baldi, figlio dell’allora vice presidente dell’Istituto per il sostentamento del clero Gianmichele. Secondo la Procura l’operazione immobiliare era stata estremamente vantaggiosa per l’acquirente, ma decisamente sfavorevole per l’Idsc di Savona (la norma che impedisce al legale rappresentante dell’Isdc di acquistare beni dall’ente era stata aggirata – sempre secondo l’accusa – vendendo l’immobile ad un’impresa edile che, lo stesso giorno, l’aveva rivenduta a Gianmarco Baldi). Di qui la scelta di chiedere il sequestro dell’immobile che nel frattempo era già stato dissequestrato.

Nel corso dell’inchiesta della Procura di Savona per malversazione nella gestione dell’Istituto Diocesano per il sostentamento del clero nel mirino era finita proprio l’amministrazione dell’ente che, negli anni, a causa di numerosi investimenti immobiliari rivelatisi sbagliati aveva portato ad un buco milionario (si parla di una cifra intorno ai 20 milioni). In un primo momento sul registro degli indagati era finito anche il nome Domenico Calcagno (fino al 2007 vescovo di Savona e oggi presidente dell’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica), ma la sua posizione era poi stata stralciata per competenza territoriale.

Secondo gli inquirenti savonesi, a pesare in maniera decisiva sui conti dell’Istituto Diocesano del Clero di Savona, sarebbero state proprio le tante operazioni immobiliari, più o meno grandi (tra cui anche le ex Colonie Bergamasche), che non avrebbero però portato ai risultati sperati. E così i bilanci dell’Idsc erano finiti in corto circuito tanto che i vertici romani avevano inviato gli ispettori e l’ente era stato commissariato.

Dagli accertamenti sulle carte e sui movimenti finanziari, tra l’altro, gli investigatori coordinati dal pm Cristiana Buttiglione avrebbero anche riscontrato come, proprio a causa della cattiva gestione dei beni dell’Istituto Diocesano per il sostentamento del clero, gran parte dell’8 per mille che lo Stato destina alla Chiesa venga drenato proprio per tenere in piedi l’Ente – un utilizzo che, è bene precisarlo, è previsto dalla legge – a discapito degli altri possibili usi previsti negli articoli che regolamentano la ripartizione dei fondi (“esigenze di culto della popolazione, interventi caritativi a favore della collettività nazionale o di paesi del terzo mondo).