Savona. “Non lo dice la Protezione Animali savonese ma scienziati ed esperti: attraverso la caccia le specie animali che sono già rare divengono ancora più rare, ma quelle che sono numerose diventano ancora più numerose”. Lo sostiene l’Enpa savonese, che ancora una volta condanna l’attività venatoria.
“Come la realtà dimostra a tutti, meno a chi non vuole vedere – sostengono gli animalisti – decenni di caccia sempre più ampia a cinghiali, daini e caprioli non ne hanno ridotto il numero, anzi. E la sua inutilità è stata addirittura riconosciuta dal massimo esperto ligure di ungulati e padre della caccia di selezione”. Il riferimento è al professor Andrea Marsan dell’università di Genova, secondo il quale l’attività venatoria non rappresenta il meccanismo adatto per ridurre i danni causati dalla fauna selvatica.
“Le vere soluzioni per contenere animali selvatici in sovrannumero ci sono – proseguono dall’Enpa savonese – ma hanno un’unica controindicazione: essendo incruente hanno la colpa di sottrarre prede ai cacciatori che, attraverso un esercito di politici loro amici, sono i gestori della fauna selvatica italiana. Stupisce invece l’alleanza masochistica degli agricoltori, sempre al loro fianco sebbene ne subiscano pesantemente le conseguenze; e non fa quindi eccezioni la Coldiretti savonese nelle sue recenti esternazioni sui daini e caprioli del finalese e sulla sua richiesta di abbattimenti”.
“Le soluzioni, ovviamente osteggiate dai politici e amministratori filo-caccia, sono gli studi scientifici – spiegano dalla Protezione Animali – che dovrebbero essere incoraggiati mentre Enpa li propone inascoltata da decenni, sulla somministrazione di sostanze specie-specifiche che inibiscono per lungo tempo la fertilità degli animali; in molte parti del mondo sono già state effettuate sperimentazioni con ottimi risultati”.
“E, nel frattempo, si può ricorrere agli esistenti sistemi difensivi delle colture, anche contro daini e caprioli, come recinti elettrificati di adeguata altezza per ostacolare i loro salti e reti e cilindri antifauna per proteggere gli arbusti, magari facendoli pagare a chi a partire dagli anni 80, con la sola opposizione dell’Enpa (dov’erano gli agricoltori?), liberava nei boschi cinghiali e caprioli per criminale ripopolamento”, concludono i volontari dell’Enpa.
