Circonvenzione d'incapace

A giudizio come “badante infedele”: infermiera assolta da ogni accusa

La presunta vittima è una novantenne che secondo il pm aveva una “condizione di particolare vulnerabilità”, ma la difesa ha sostenuto che non fosse circonvenibile

tribunale savona

Pietra Ligure. Secondo la Procura il suo era uno dei tanti casi di badante “infedele” e, di conseguenza, era finita a giudizio con la gravissima accusa di circonvenzione d’incapace. Questa mattina un’infermiera di 58 anni, J.G., di origine croata, è stata però assolta da ogni accusa perché il fatto non sussiste.

Alla donna veniva contestato di aver incassato circa 155 mila euro nel giro di tre anni e mezzo dall’anziana, una vicina di casa novantenne, alla quale dava assistenza in un’abitazione della zona di Pietra Ligure. Secondo la tesi dell’accusa, J.G., avrebbe approfittato dello “stato di infermità e deficienza psichica” della presunta vittima (che per la Procura aveva una “condizione di particolare vulnerabilità” che la portava ad “affidarsi alle persone circostanti senza preoccuparsi delle conseguenze”) per intascare i soldi. Una ricostruzione che il difensore dell’infermiera, l’avvocato Gian Maria Gandolfo, ha contestato con decisione sostenendo in primo luogo che (come certificato anche da tre medici) la signora non si potesse considerare circonvenibile all’epoca dei fatti contestati. Inoltre il legale ha sottolineato come da parte della sua assistita non ci sia mai stato nessun comportamento scorretto per mettere le mani sui soldi della novantenne: “Non era la sua badante, ma si prendeva cura di lei in amicizia visto che la signora era sola e non aveva nessun parente”.

Nel mirino della Procura, nello specifico, erano finite alcune operazioni bancarie: nel 2011 J.G. – ovviamente secondo l’accusa – avrebbe incassato tramite assegni circa 92 mila euro, nel 2012 circa 29 mila euro, nel 2013 circa 27 mila e nel 2014, fino al momento in cui sono partite indagini della guardia di finanza, un totale di 6450 euro. Nel corso del processo però non è stato provato che i contanti ritirati con gli assegni (che erano intestati alla presunta vittima di circonvenzione) siano finiti nella disponibilità dell’imputata: in banca è sempre andata l’anziana e, secondo la difesa, i contanti prelevati erano i soldi che la signora utilizzava per le sue spese.

Tra le contestazioni mosse contro l’infermiera c’era anche quella di essersi fatta rilasciare, nel giugno 2014, una procura speciale dall’anziana. Inoltre, in un caso, J.G. avrebbe sottoscritto Bot per 19 mila euro proprio pochi giorni dopo l’incasso da parte della pensionata di un’assicurazione dal valore di 63 mila euro. Operazioni che sarebbero state regolari proprio perché la novantenne sarebbe stata cosciente di quello che stava facendo.