L'appello

Imbrattata la lapide del partigiano “Biondino”, l’Anpi: “Fermiamoci a riflettere prima di altre azioni”

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Cairo Montenotte. “Non sappiamo se lo sfregio compiuto dai neofascisti al Cippo del Comandante Partigiano Matteo Abbindi “Biondino” – posto sul luogo della sua fucilazione da parte dei fascisti della San Marco a Cairo Montenotte – sia da intendere come una risposta all’imbrattatura della scritta del “ventennio” fascista collocata su un fabbricato in Roccavignale e fatta rinnovare recentemente dal Sindaco di quella cittadina; possiamo solo dire che è probabile che i neofascisti abbiano letto (anche loro) l’operato del Sindaco di Roccavignale come un atto, pensiamo non voluto, di apologia di fascismo (che a loro piace) e, quindi, l’imbrattatura un offesa da vendicare”. Questa l’interpretazione data dall’ANPI al gesto di un ignoto vandalo che ha sfigurato, con una bomboletta di vernice di spray rossa, la lapide che ricorda il partigiano Matteo Abbindi, noto come “il Biondino”.

“Comunque sia l’ANPI è fuori da queste metodologie – chiariscono – anche se è evidente la diversità tra lo sfregio al Cippo di un caduto per la Libertà che equivale ad approvare la sua condanna a morte e quella di tutti coloro che hanno combattuto per la libertà, rispetto all’imbrattatura di una scritta che, una volta rinnovata è come se fosse riproposta per l’oggi e il futuro, perde ogni valore storico e diviene apologia del regime fascista e della sua ideologia di guerra e sopraffazione, in un momento in cui la memoria si perde e le idee neonazifasciste e razziste tornano a raccogliere consensi in tanta parte d’Europa. E se è vero che il loro possibile successo o auspicabile fallimento dipende dalle politiche dell’Europa ed in essa dei partiti progressisti ed antifascisti, è bene che ognuno, nella sua dimensione, faccia la sua parte con chiarezza e trasparenza”.

“La storia della nostra associazione nasce nella Resistenza – ricordano dall’ANPI – nel corso della Resistenza, soprattutto nell’autunno/inverno del 1944, resistere in montagna voleva dire combattere, più che nei mesi passati, anche contro la fame, il gelo, la paura delle spie e degli agguati, in pochi, a volte da soli, ma chi resistette capiva che almeno uno doveva rimanere”.

“Invitiamo tutti i protagonisti di questa vicenda – esclusi ovviamente i fascisti – a fermarsi e riflettere e confrontarsi, prima di ogni altra azione. L’ANPI è disponibile a dare il proprio contributo” concludono.

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