Problema

Morto folgorato a Savona, Enpa: “I corsi d’acqua abbandonati dalle istituzioni”

Bracconaggio Ittico Enpa

Savona. “La morte di una persona è sempre una tragedia ed anche la Protezione Animali savonese si associa alle condoglianze ai parenti ed amici del defunto. La vicenda del capo rom torinese fulminato mentre pescava di frodo con un generatore di corrente elettrica nel torrente Letimbro è però la punta dell’iceberg dell’illegalità diffusa a danno degli animali selvatici dei corsi d’acqua savonesi e contro la quale le istituzioni hanno rinunciato a combattere”.

Così Enpa Savona interviene a proposito del rom di 49 anni, G.V., rimasto folgorato due giorni fa a Savona mentre stava pescando con dei fili elettrici nel fiume Letimbro, all’altezza del zona del Santuario.

Secondo quanto accertato, l’uomo stava pescando utilizzando dei fili elettrici collegati ad una batteria, una modalità non regolare che gli animalisti condannano fortemente: “Il bracconaggio, sia ittico che venatorio, pur non essendo né maggiore né minore che in altre province o regioni, ha una solida ‘tradizione’ tra i savonesi, non solo residenti nelle campagne ma anche cittadini spesso insospettabili; non è quindi il caso di sollevare ingiustificato razzismo se si constata che ai savonesi si sono recentemente aggiunti gruppi di romeni ed albanesi, nei cui paesi d’origine probabilmente la pesca è libera e non disciplinata”.

“Il dato negativo, per colpa delle istituzioni competenti, è però l’abbandono della invece necessaria vigilanza, con la recente destrutturazione della polizia provinciale, cui la Regione Liguria ha assegnato personale insufficiente ed un orario da ufficio, quasi che il bracconaggio fosse da combattere alcune ore la mattine e due pomeriggi alla settimana, sabato e domenica naturalmente esclusi”.

“Un tempo operavano sulla pesca anche le guardie zoofile volontarie (quindi non pagate e senza spese per le istituzioni, che invece incassavano i proventi delle sanzioni elevate); ma a bloccarle fu la Prefettura di Savona, che tolse loro il porto d’armi, assolutamente necessario nei rischiosi servizi di vigilanza nei boschi, soprattutto verso persone spesso molto ostili; eppure in tanti anni non avevano mai estratto la pistola dalla fondina perché serviva la sola esposizione per calmare gli animi ed evitare aggressioni; e neppure ricorsi al Tar ed appelli al Consiglio di Stato ottennero giustizia per poter operare con la necessaria sicurezza”.

“I corsi d’acqua sono così abbandonati dallo Stato e dalla Regione alla mercé dei malintenzionati, mentre crescono le tentazioni con la creazione di crudeli laghetti artificiali o tratti di torrenti di pesca facilitata e con l’immancabile liberazione di migliaia di poveri esemplari d’allevamento per i pescatori cosiddetti sportivi, che sostituiscono la quasi scomparsa fauna ittica originaria. Poveri pesci”, concludono da Enpa.

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