Finale L/Millesimo. Nel week-end appena trascorso, a Saluzzo, nella grande manifestazione nazionale “C’è Fermento” è stata presentata la nuova “Guida alla Birre d’Italia 2017” – Editrice Slow Food (512 aziende raccontate – 2708 birre recensite) – la guida più completa delle birre italiane.
L’artigianato birraio italiano fino a pochi anni fa era un fenomeno ancora circoscritto, ma Slow Food ha intuito l’evoluzione straordinaria di quei birrai italiani che hanno affermato il loro stile e il loro gusto, per questo ne ha seguito la crescita.
Nel 2008, la prima edizione recensiva 141 birrifici, oggi più di 500 con diverse specialità e “gusti”. Tutte rappresentano quell’artigianato birraio di eccellenza che da fenomeno di “nicchia” è diventato fenomeno di “moda” (875 piccoli birrifici italiani che impiegano 1300 persone con un indotto di 4000 lavoratori) ed è approdato addirittura nelle aule parlamentari dove si decide la definizione precisa di “birra artigianale” (la normativa approvata dalla Camera è ora all’esame del Senato).
Tra le migliori birre artigianali italiane ci sono due eccellenze savonesi che si sono distinte tra le uniche tre individuate in Liguria. Oltre alla “Maltus Faber” di Genova, nella guida si trovano “Scarampola” di Millesimo e il “Birrificio Finalese” di Finale Ligure.
“Un grande vantaggio per la nostra economia turistica” commenta il portavoce dei Verdi Savonesi Gabriello Castellazzi che aggiunge: “Si ricorda che la birra artigianale è una birra cruda, integra e senza aggiunta di conservanti, con una presenza significativa di vitamine, sali minerali (potassio, calcio, fosforo) particolarmente adatta a una dieta bilanciata”.
“La ‘Guida’ contiene i dettagli utili di ogni produzione ”assolutamente naturale e viva’: qualità certificata da 70 esperti, distribuiti in tutte le regioni italiane, che controllano personalmente gli impianti ed effettuano i necessari ‘assaggi’. La birra può essere considerata ‘Birra Slow’ ( 58 in tutta Italia) oltre che per il suo valore organolettico, anche perché racconta la storia di un territorio, di un birrificio, di un birraio” conclude Castellazzi.