La delibera

Anche Calice contro la fusione dei piccoli Comuni

Municipio Comune Calice LIgure

Calice Ligure. Anche il Comune di Calice si schiera contro la fusione dei Comuni sotto i 5000 abitanti, prevista dalla proposta di legge 3420 presentata lo scorso 11 novembre in Parlamento, tra gli altri, da Paola Boldrini. I vari Comuni di Valbormida e Val d’Erro, tra cui quello di Calice, hanno preparato una delibera per opporsi a questo provvedimento.

“L’obbligo di fusione – tuona il sindaco Livio Sterla – cancellerà di fatto migliaia di amministrazioni comunali che sino ad oggi si sono spese per il mantenimento dei servizi essenziali per i cittadini e per presidiare il territorio. La mia amministrazione nella seduta del consiglio del 28 aprile scorso ha adottato all’unanimità ed in sintonia con l’ANPCI (Associazione Nazionale Piccoli Comuni Italiani), delibera contraria a questo scellerato disegno di legge che andrebbe inoltre a cancellare una parte importante della storia e dell’identità del nostro paese”.

Di seguito il testo integrale della delibera approvata.

Premesso che:
l’articolo 5 della Costituzione Italiana riconosce e promuove le autonomie locali;

l’articolo 114 della Costituzione recita: ”La repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. I Comuni, le Province, le Città Metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione… ”, così come modificato dalla Legge costituzionale numero 3 del 2001, ribaltando l’ordine in cui precedentemente comparivano le istituzioni italiane, mettendo così al primo posto i Comuni, in quanto enti i più vicini ai cittadini, in linea col principio di sussidiarietà;

il Comune, e in particolare il consiglio comunale, rappresentano il livello istituzionale di base più vicino ai cittadini ed ai territori, costituendo il primo strumento per l’esercizio della democrazia tramite la partecipazione e la rappresentanza comunale;

la rete dei Comuni italiani ha costituito storicamente, e costituisce ancora oggi, una struttura fondamentale per la coesione sociale, il senso civico, la valorizzazione delle specificità e delle tradizioni, la cura del territorio e del paesaggio, la promozione culturale;

il Comune è il soggetto primario per l’erogazione dei servizi ai cittadini e svolge un insostituibile ruolo per lo sviluppo economico locale sostenibile.

Considerato che:
l’Italia ha un numero di Comuni pari ad 8.006 alla data del 1 gennaio 2016, come pure in Spagna e in numero leggermente superiore in Germania, mentre in Francia sono ben 36.500;

in Italia la media di abitanti è di circa 7.000 per Comune, in Germania e Spagna di circa 5.000, in Francia il dato si abbassa a 1.500, tanto che i Comuni sopra i 10.000 abitanti sono circa 800 in tutta la Francia;

i costi degli amministratori negli altri Paesi risultano essere maggiori.

Constatato
il valore storico, economico e culturale dei piccoli Comuni, che rappresentano spesso l’unico presidio istituzionale in ampie aree del Paese, quali contenitori di importanti patrimoni ambientali, paesaggistici, culturali e sociali, che costituiscono a loro volta significative risorse per l’agricoltura, l’artigianato, il turismo e il commercio.

Rilevato che:
il recente, manifesto e rinnovato interesse espresso da alcuni parlamentari, sul tema delle fusioni di Comuni al di sotto di una soglia di residenti, motivato da asserite e non dimostrate logiche di risparmio e razionalizzazione amministrativa, è propedeutico ad una drastica soppressione di Comuni, finalizzata unicamente ad una pura riduzione del loro numero;

tale interesse sembrerebbe preludere a specifici provvedimenti che impongano le fusioni o che tendano a renderle obbligatorie nei fatti attraverso la determinazione di incentivi e la creazione di canali privilegiati per i Comuni fusi a discapito degli altri anche attraverso trattamenti formalmente discriminatori.

Considerato che:
tale approccio, di natura prettamente contabile – amministrativa, non si fonda su alcuna evidenza di dati e che in realtà l’impatto dei costi dei piccoli Comuni è marginale, sia in valore assoluto sia in percentuale, soprattutto in relazione all’enorme valore che gli stessi Comuni rappresentano in tema di vicinanza ai cittadini, gestione di territori vasti e spesso marginalizzati dalle scelte centralistiche di governo;

trattasi di valutazioni fondate unicamente sul parametro del numero degli abitanti che impediscono di comprendere come i processi di fusione, soprattutto nelle zone montane, collinari, insulari e rurali, possano creare, o aggravare, le criticità connesse all’estensione territoriale dei Comuni la cui eccessiva ampiezza incide negativamente sull’efficienza nell’erogazione dei servizi ai cittadini.

Ritenuto che:
smantellare i piccoli Comuni e privare le realtà locali delle istituzioni di maggiore prossimità agli abitanti costituisce una grave perdita per la democrazia e contrasta con la necessità di rilancio economico e sociale delle aree rurali ed interne;

le politiche di razionalizzazione debbano riguardare la gestione dei servizi comunali, dai quali derivano i costi e dipende l’efficienza dell’azione amministrativa, e non le funzioni fondamentali e gli organi di rappresentanza politica che nei piccoli Comuni, a fronte di costi insignificanti, sono elementi fondamentali di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica che i processi di fusione andrebbero a cancellare;

le necessarie e improrogabili politiche di razionalizzazione, valorizzazione e coordinamento di territori e Comunità debbano essere perseguite solamente per il raggiungimento di un unico obiettivo: efficacia, efficienza ed economicità sulla base del rispetto dei COSTI STANDARD o attraverso strumenti associativi liberamente scelti e non imposti, e che eventuali provvedimenti di fusione tra Comuni debbano essere portati avanti solo laddove esista una chiara ed esplicita volontà connessa a situazioni di reale marginalità abitativa, ad una riconosciuta perdita di coesione sociale e del senso di Comunità. Fatti che, nel nostro caso, data la partecipazione attiva a tutte le manifestazioni e tradizioni ed alla loro buona riuscita, hanno dimostrato e stanno dimostrando l’esatto contrario.

Visto che alcuni disegni di legge sono finalizzati al sostegno e alla valorizzazione dei piccoli comuni, anche attraverso misure tese ad arginarne lo spopolamento.

Vista
la “Strategia Aree Interne” del Dipartimento per lo Sviluppo e la Coesione Economica (istituito per promuovere e realizzare interventi volti al riequilibrio economico – sociale e allo sviluppo economico delle aree sottoutilizzate del Paese, in attuazione dell’art. 119 della Costituzione), nei cui documenti di programmazione si afferma la necessità di investimento a lungo termine nelle Comunità locali e nella gestione associata delle attività comunali secondo i modelli delle convenzioni oppure delle Unioni dei Comuni, in base ai principi di efficienza, efficacia ed economicità;

Sperimentato che gli obiettivi di efficacia, efficienza ed economicità possono essere raggiunti solo attraverso l’applicazione ed il rispetto dei costi standard, consentendo il libero convenzionamento nell’erogazione dei servizi.

IL CONSIGLIO COMUNALE ESPRIME

Forte preoccupazione sul rinnovato interesse sul tema della fusione dei Comuni e sulla spinta centralistica che ne può scaturire.

Forte dissenso sull’impostazione, di natura prettamente contabile – amministrativa e priva di ogni considerazione di altri valori, che caratterizza l’approccio assunto su questo specifico tema e sulle asserite, ma non dimostrate, rilevanti economie che scaturirebbero da processi di fusione. Dissenso dovuto anche dalla sicura perdita di tutte le manifestazioni e tradizioni che caratterizzano le nostre Comunità e costituiscono la nostra identità.

AFFERMA

la centralità dei Comuni ed il valore delle autonomie comunali nei contesti economici, territoriali e sociali di riferimento; il valore del Comune come livello primario di cittadinanza, di partecipazione e di democrazia, e del sistema delle autonomie locali come fondamento dell’assetto costituzionale della Repubblica Italiana; il rispetto dell’art 5 della Costituzione della Repubblica Italiana che “[…] riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”;

che ogni eventuale progetto di fusione tra Comuni debba essere considerato solo in via eccezionale e debba avvenire su base assolutamente volontaria con il pieno coinvolgimento dell’intera popolazione democraticamente chiamata ad esprimere il proprio parere attraverso la promozione di un referendum e nel rispetto del quorum : la metà più uno degli aventi diritto al voto;

la contrarietà ad ogni legge o provvedimento che preveda l’obbligo di unioni o di fusioni che le determinino nei fatti, attraverso ingiustificate e pretestuose disparità di trattamento tra i Comuni che intraprendono la strada delle fusioni e quelli che invece scelgono autonomamente quella delle libere convenzioni per l’erogazione dei servizi oppure nel rispetto dei costi standard;

la necessità di coniugare la tutela dell’autonomia comunale con adeguate e coerenti politiche d’area, tramite gli strumenti intercomunali che la legge mette a disposizione, promuovendo le funzioni associate volontarie con l’obiettivo di favorire l’uguaglianza tra i cittadini, l’efficienza e l’efficacia dei servizi pubblici e la programmazione territoriale, oltre che l’economicità.

IMPEGNA

il Sindaco, la Giunta e le forze politiche presenti in Consiglio comunale a tenere alto il valore dell’autonomia comunale messo in discussione dalle unioni e dalle fusioni obbligatorie per legge o di fatto ed a promuovere il coinvolgimento di tutti i piccoli Comuni d’Italia al fine di adottare autonomamente effettive politiche sovraccomunali per la gestione dei servizi nel rispetto dei costi standard.

INVITA

la Regione …………..a supportare tali iniziative intercomunali, abbandonando eventuali progetti di unioni e fusioni imposte, di fatto o per legge, a Comuni che le rifiutino, ed a valorizzare ogni elemento di natura sociale, territoriale ed economica che caratterizza ogni singolo Comune, nonché a sostenere la rete dei piccoli Comuni.

RIVOLGE

al Parlamento e al Governo un appello per l’approvazione ex novo di una legge ad hoc a salvaguardia dei piccoli comuni, fino a 5000 abitanti, custodi del territorio italiano, per lo più collinare e montano ed a forte rischio idrogeologico, nel totale rispetto dell’autonomia organizzativa, gestionale e decisionale di ogni singola comunità salvaguardandone i servizi essenziali che vanno dalla sanità al socio assistenziale, dai presidi ospedalieri di area disagiata alle farmacie rurali, dalle scuole agli uffici postali al recapito posta ai trasporti, promuovendone lo sviluppo ed arginandone lo spopolamento attraverso misure di defiscalizzazione, o di fiscalità di vantaggio, di incentivi a sostegno degli esercizi commerciali, delle imprese esistenti, dei nuovi insediamenti, utilizzando gli incentivi destinati alle unioni e fusioni che equivalgono ad obblighi di fatto.

DECIDE

di inviare il presente ordine del giorno al Governo, ai Presidenti dei due rami del Parlamento, al Presidente della Regione………., al Presidente del Consiglio Regionale, ad ANPCI (Associazione Nazionale Piccoli Comuni d’Italia).

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