Albenga. “4 novembre 1990 – 4 novembre 2015: 25 anni di episcopato. Quale ricordo ha di quel giorno in cui ricevette l’ordinazione episcopale?”. Comincia con questa domanda l’intervista, firmata dal collaboratore Eraldo Ciangherotti e pubblicata su Avvenire-Ponente 7, al Vescovo diocesano Mario Oliveri che, sabato prossimo, 7 novembre, alle ore 10, nella Cattedrale San Michele di Albenga, presiederà la solenne Messa di ringraziamento, per festeggiare il 25° anniversario della sua ordinazione episcopale insieme con i vescovi e sacerdoti presenti.
Al termine della cerimonia, nel salone nobile delle cerimonie di Palazzo vescovile, è previsto un piccolo rinfresco per le autorità. Seguirà per sacerdoti e vescovi, il pranzo in Seminario.
“Non ho mai dimenticato quanto ho vissuto in quel 4 novembre 1990 – racconta il Vescovo Oliveri – giorno segnato da una profonda meraviglia suscitata in me dall’attenzione e dalla affettuosa vicinanza dimostratemi da così tante persone, ma soprattutto – e ben più – dalla ricchezza spirituale e soprannaturale della Celebrazione liturgica-sacramentale dei Divini misteri, che mi dava la garanzia che nella mia pochezza Dio aveva guardato a me, e che attraverso ciò che Egli compiva in me, continuava a prendersi cura del suo popolo, proprio di quel popolo che Egli incessantemente forma e crea e nutre e conduce all’Eterna Salvezza per mezzo dei Sacri ministeri. Perciò il rendimento di grazie a Dio era ovviamente accompagnato dai più fermi propositi di vivere e agire nella piena fedeltà alla missione sublime che Egli mi affidava, e nella quale Egli mi costituiva, e che era tutta orientata alla Gloria di Dio e all’adempimento del Mistero della Salvezza”.
Vescovo sotto Giovanni Paolo II prima, poi papa Benedetto XVI, e papa Francesco oggi. Ad ognuno dei tre Pontefici il Vescovo Oliveri spiega di essere stato legato da “un rapporto di comunione e considerazione spirituale come richiedono la fede e la natura della Chiesa che Cristo ha voluto avesse a fondamento visibile l’apostolo Pietro e gli altri apostoli inscindibilmente uniti a lui. Ciò che conta è quello che Cristo continua a compiere attraverso i Pastori del suo gregge, Pastori che per essere fedeli a Cristo debbono agire radicati profondamente e visibilmente in perfetta comunione di fede, di sacramenti, di ministero, di carità, ‘ad superna semper intenti’, cioè costantemente rivolti, e dediti ai beni della salvezza eterna”.
Venticinque anni nella diocesi ingauna: quali ricordi e fatiche nel suo ministero episcopale? “Quando – aggiunge ancora il presule ingauno – i ministri delle Chiesa adempiono con fedeltà la loro missione soprannaturale, conducendo i fedeli a ‘cercare innanzitutto il Regno di Dio e la sua giustizia’, la mente e il cuore degli uomini si aprono all’azione divina, cambiano davvero mentalità, si invertono, non vivono più soltanto per le cose di quaggiù e diventano veramente ‘nuovi’. L’assiduo esercizio del ministero della Parola e dei sacramenti, dell’evangelizzazione e della santificazione, della carità, fecondato dalla Grazia divina, dà sempre i suoi frutti, frutti di vita eterna: ecco il ricordo più bello e più confortante per un Pastore. Quanto poi alle «fatiche», sempre la difficoltà di condurre tutti gli uomini ad aprirsi a Dio, alla sua Grazia, e quindi a vivere secondo Dio, secondo la vita nuova in Cristo, da figli della Luce”.
Quali figure sono state più vicine a Mons. Mario Oliveri da quando è vescovo? “Oltre le persone più care, numerose – spiega il Vescovo Oliveri – non pochi sacerdoti, che mi hanno dato prova di credere che il loro ministero è essenzialmente di natura soprannaturale, e come tale l’hanno vissuto ed esercitato, in sincera comunione con il vescovo ed in gioiosa obbedienza a lui, in concordanza di mente, cuore e volontà, convinti che il ‘nihil sine episcopo’ (nulla se non con il vescovo) non sia una regola penalizzante ma generatrice di fecondità di ministero; convinti, citando sant’Ignazio di Antiochia, che ‘quelli che sono di Dio e di Gesù Cristo sono tutti con il vescovo'”.
Rimpianti in questi 25 anni? “Interpreto la parola rimpianto come un ‘ricordare con rammarico’. Prima di tutto non ho generato a sufficienza la convinzione che nella vita della Chiesa non possano aversi, in nessun tempo, delle rivoluzioni o radicali cambiamenti o discontinuità nella sua vera natura e nella sua vera missione (la fede, i sacramenti, il ministero sacro, apostolico) come esse derivano dalla volontà del Divin Fondatore e che si trovano nella Chiesa apostolica e dunque nella perenne e vitale tradizione della Chiesa stessa. La Chiesa non può dire e fare «nova» (cose sostanzialmente nuove), ma soltanto ‘nove’, cioè in maniera, forme ed espressioni nuove, purchè non compromettano la sostanza e la giusta comprensione di essa. In secondo luogo mi rammarico per la mia insufficiente capacità o insuccesso nella convincente testimonianza di aver voluto bene a tutti coloro per i quali sono stato vescovo, padre e fratello, amministratore della ‘multiforme Grazia di Dio’. Di aver voluto bene soprattutto, dunque, ai sacerdoti e seminaristi, senza distinzioni e preferenze preconcette, mostrando attenzione, comprensione e cura particolarmente a quelli di loro che mi parevano averne più bisogno. Non sempre e non da tutti sono stato capito. Sarei disposto ad affrontare altri 25 anni di episcopato per colmare queste due lacune” conclude la sua intervista ad Avvenire il Vescovo diocesano Mario Oliveri.