Paziente morta

“Operazione non necessaria” e cartella “alterata”: perito contro il dottor Piccardo, ma lui si difende

L'ex primario di chirurgia di Cairo al giudice: "La cisti era una mostruosità e la paziente mi supplicava di toglierla. Sospettavo avesse il cancro"

Andrea Piccardo

Savona. “La cisti era una mostruosità, strabordava dalla pancia e la paziente mi supplicava di toglierla. Io allora ho usato la cisti come scusa per un intervento esplorativo perché, secondo me, la signora era il ritratto del cancro”. Così il dottor Andrea Piccardo ha spiegato perché nel febbraio del 2009 aveva operato la signora Rosa Pera Moraglio, scomparsa all’età di 67 anni dopo aver subito un intervento chirurgico per rimuovere una cisti renale.

Il medico, allora primario di Chirurgia nel nosocomio cairese, è a giudizio con l’accusa di omicidio colposo e questa mattina è stato ascoltato in aula. Nel corso dell’udienza, al di là della deposizione dell’imputato, non sono mancati i colpi di scena e i momenti di tensione. Nel corso dell’audizione del consulente tecnico del giudice, il professor Roberto Testi (lo stesso medico legale che si è occupato anche di casi di rilevanza nazionale quali Garlasco e Cogne), è infatti emerso che l’intervento non sarebbe stato necessario, ma anche che la cartella clinica della signora presentava alcune “alterazioni”. In particolare secondo l’esperto forense nei documenti ci sono delle parole scritte con un inchiostro diverso e che sembrano essere state aggiunte in un altro momento.

Una circostanza che, secondo l’avvocato Massimo Badella, il legale di parte civile, ha un significato ben preciso: ovvero la volontà di inserire nella cartella clinica della signora elementi tali da sostenere la tesi che nella sua situazione fosse giustificato un sospetto diagnostico di patologia tumorale. Un quadro clinico che sarebbe in linea con quanto dichiarato oggi dall’imputato, ma che, come sottolineato dal pm Giovanni Battista Ferro e dalla parte civile, non trova riscontri nella cartella della signora Moraglio. Tanto che nel corso della deposizione di Piccardo, ascoltando la sua versione, non sono mancate esternazioni di disappunto e incredulità da parte dell’accusa e della parte civile (anche i figli della vittima, presenti in aula, sono apparsi esterrefatti dalle parole del medico).

Il pm Ferro è stato molto chiaro: “Apprendiamo oggi una versione nuova del motivo dell’intervento: da nessuna parte abbiamo letto o sentito parlare di un tumore in fase avanzata”. Concetto ripreso dall’avvocato Badella che si è spinto oltre negando che la signora sapesse di avere una cisti: “Lo ha scoperto solo dopo aver fatto la Tac e in nessun documento appare il contrario né tantomeno che lei volesse che fosse rimossa”. Parole alle quali il dottor Piccardo ha replicato spiegando che la cisti in un addome come quello della paziente (che secondo l’imputato era molto magra) si vedeva perché “andava verso l’esterno sulla parete anteriore”.

Uno degli altri temi caldi dell’udienza è stato proprio l’intervento chirurgico. Secondo il professor Testi infatti l’operazione non era affatto necessario: “La paziente è arrivata in ospedale per un sanguinamento dal retto causato da una terapia anticoagulante e quel problema è stato risolto. La cisti renale è una patologia molto diffusa, non crea nessun problema e non è necessario rimuoverla. In nessun punto della cartella clinica della signora infatti emerge un motivo per cui fosse il caso di toglierla”. Secondo l’esperto inoltre in un paziente nelle condizioni di Rosa Pera Moraglio, che era cardiopatica e aveva avuto delle pregresse trombosi, un’operazione era da considerarsi a “rischio elevato”: “Nessun medico, secondo me, in questo caso doveva operare. Non dico che un paziente cardiopatico non possa essere operato, ma lo si deve fare solo se intervento è necessario e urgente”.

Dal punto di vista dell’esecuzione dell’operazione invece il consulente del giudice non ha rilevato nessuna anomalia: “E’ stata eseguita correttamente e la tecnica laparoscopica è comunque l’approccio più corretto per asportare una cisti renale anche se l’intervento poi è stato concluso in maniera ‘tradizionale’ asportando la massa manualmente attraverso una ‘breccia’ chirurgica”.

Sulle cause della morte della paziente il perito nominato dal tribunale ed i consulenti di parte si sono trovati d’accordo: per gli esperti è pacifico che sia stata causata da un’ischemia cardiaca insorta nel periodo post operatorio. Di qui la conclusione del professor Testi che ci sia una concausa tra l’intervento e la morte di Rosa Pera Moraglio. Aspetto sul quale però la difesa del dottor Piccardo, rappresentata dall’avvocato Elena Castagneto, ha voluto sottolineare come sia da escludere un nesso causale “diretto ed immediato” tra il decesso e l’operazione. La tesi della difesa, manifestata anche nell’intervento del consulente, il dottor Edoardo Berti Rivoli (che ha detto di essere concorde su “alcuni punti fondamentali” – la causa della morte e la correttezza dell’intervento – della perizia di Testi) è che ci fossero nel quadro della paziente diversi segni che potessero far sospettare la presenza di una neoplasia.

Tesi che si sposa con le dichiarazioni di Andrea Piccardo che, al termine del suo esame, ha ammesso: “Non ho operato per togliere la cisti renale che, sono d’accordo, poteva stare lì, ma con altro presupposto: quello di togliermi il dubbio che ci fosse un tumore. La cisti l’ho usata come scusa”. Il processo è stato poi rinviato al prossimo 28 settembre per la discussione.

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