Albissola Marina. “Altro che distrazione di beni da Ep System a noi. Quei macchinari li abbiamo regolarmente comprati, dalle aste giudiziarie, per poterci ricreare un lavoro. Basta illazioni, qui rischiano di mandarci tutti in mezzo alla strada”. E’ un grido di rabbia e di dolore quello che si leva dai dipendenti di Viva Elettronica, l’azienda di Albissola che, secondo quanto emerso nelle ultime ore, sarebbe sospettata dal sostituto procuratore Ubaldo Pelosi di essere il serbatoio finale della distrazione di beni e macchinari da parte dell’ex amministratore di EP System, Mario D’Aquino, accusato di bancarotta fraudolenta.
Le indiscrezioni filtrate nelle ultime ore parlano infatti di una “attenzione particolare” degli inquirenti nei confronti di Viva Elettronica per via del trasferimento in azienda di alcune attrezzature provenienti da EP System. “Dalle notizie pubblicate sembra quasi che quelle attrezzature siano state semplicemente passate da un’azienda all’altra – lamentano i dipendenti – citando anche la presunta ‘vicinanza’ della nostra amministratrice a D’Aquino. In realtà, anche se è sua cognata, è semplicemente una ex dipendente di EP System: lei e altri colleghi, quando è stata attivata la procedura di mobilità e si sono trovati senza lavoro, hanno deciso di dar vita a una nuova azienda sfruttando l’esperienza accumulata. Per partire ovviamente servivano i macchinari, e quindi li abbiamo acquistati”.
I lavoratori rigettano quindi in toto la ricostruzione emersa nelle ultime ore: “Innanzitutto le attrezzature le abbiamo regolarmente pagate, nel 2013, facendo grossi sacrifici per poter dare il via alla nostra attività e ricostruirci un futuro. Altro che ‘favori’ all’ex datore di lavoro. E poi non le abbiamo acquistate direttamente da EP System, ma abbiamo partecipato a un’asta giudiziaria nella quale erano in vendita anche le attrezzature di quell’azienda. Viva Elettronica si sarebbe occupata delle stesse attività, dato che queste sono le nostre competenze, e quindi è normale il nostro interesse all’acquisto: anzi, siamo stati fortunati a trovarle all’asta”.
Nel mirino finiscono anche le cifre pubblicate: “Si parla addirittura di centinaia di migliaia di euro. In realtà le attrezzature provenienti dalle proprietà EP System sono solo 6, e sono state comprate per poche migliaia di euro“. I lavoratori si dicono perplessi dall’avvio dell’inchiesta: “Ci stupiamo che, di fronte a un sospetto così grave, il curatore fallimentare di EP System non sia venuto da noi a chiedere spiegazioni, prima di far avviare un’indagine. Gli avremmo mostrato i contratti di acquisto e le ricevute dei bonifici. E questo forse avrebbe permesso di chiarire tutto sul nascere, senza arrivare a questi punti”.
Insomma, l’appello dei lavoratori di Viva Elettronica è semplice e accorato: basta illazioni. “Si insinua che siamo ‘prestanome’, ‘persone di fiducia’: a garantire la nostra onestà invece è proprio la modalità di acquisizione delle macchine, dato che il soggetto terzo in un’asta giudiziaria è proprio il tribunale. Speriamo che queste voci scompaiano e ci sia permesso di lavorare in serenità… altrimenti la nostra reputazione sarà compromessa, e rischiamo di trovarci in mezzo a una strada. Di nuovo“.