L'intervento

Emergenza migranti, il vescovo Borghetti: “Chi non accoglie sceglie uno stile di violenza”

I profughi accolti tra Albenga e Imperia sono una settantina tutti ospitati in canoniche della Diocesi attualmente dismesse

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Albenga. “Non essere accoglienti significa che si sceglie uno stile di violenza: ti caccio dal mio ambito, dalla mia vita, dal mio lavoro e dal mio territorio”. Parole forti che fanno riflettere quelle pronunciate da monsignor Guglielmo Borghetti, vescovo coadiutore della Diocesi di Albenga e Imperia. Suonano come quelle pronunciate da Papa Francesco tornato a parlare di migranti, guerra e accoglienza.

Nel caos di un’estate rovente, tra le centinaia di profughi recuperati in mare ogni giorno, il Pontefice ha detto: “Pensiamo a quei fratelli nostri dei Rohinja: sono stati cacciati via da un Paese e da un altro e da un altro, e vanno per mare … Quando arrivano in un porto o su una spiaggia danno loro un po’ d’acqua o un po’ da mangiare e li cacciano via sul mare. Questo è un conflitto non risolto, questa è guerra, questo si chiama violenza, si chiama uccidere”.

E se respingere i migranti è un atto di guerra per il Santo Padre, è invece un “dovere di qualunque buon amministratore, cattolico o no”, secondo Matteo Salvini, Lega Nord.

Ma ad Albenga questo atteggiamento non trova d’accordo monsignor Guglielmo Borghetti che di profughi ne ha già accolti una settantina. Sono tutti ospitati in canoniche della Diocesi attualmente dismesse. Il presule, più che un discorso politico, affronta la vicenda dal lato umano e caritatevole. “Ha ragione il Santo Padre – dice il vescovo coadiutore – l’emergenza migranti va affrontata con delicatezza. Questo è un problema che non va affrontato dal punto di vista ideologico, ma va affrontato come un rapporto tra gli uomini. Questo è un problema umano e i cristiani dovrebbero essere dei campioni in questo. L’accoglienza è loro nel Dna. Non essere accoglienti vuol dire che si sceglie uno stile di violenza. Ti caccio dal mio ambito, dalla mia vita, dal mio lavoro e dal mio territorio. Senza paura allora dobbiamo andare avanti così”.

Il percorso iniziato a maggio dalla Diocesi andrà dunque avanti su decisione di un vescovo che aveva già vissuto un’altra emergenza, minore, ma pur sempre importante: il naufragio della Concordia. Fu lui ad ordinare al parroco del Giglio di aprire le porte della chiesa per ospitare i naufraghi infreddoliti salvati in mare in una notte fredda notte del 13 gennaio di due anni fa quando era ancora vescovo di Pitigliano, Sovana e Orbetello. “Non ho fatto nulla di eroico – dice a questo proposito monsignor Borghetti – Tornando alla questione migranti possiamo dire che operiamo con una profonda e importante collaborazione con le prefetture di Imperia e di Savona e andremo avanti in quella direzione e con loro siamo in costante contatto. Alcune comunità hanno accolto in modo sereno e costruttivo i profughi che stanno cercando un punto d’appoggio per poter continuare a vivere, altre hanno assunto un atteggiamento diverso, ma spero che si possano trovare con tutti delle forme di dialogo per lavorare in un’unica direzione quella appunto della fraterna accoglienza”.