Degrado

Albenga, Ciangherotti e Perrone replicano a Guerra: “Basta con l’ipocrito buonismo” fotogallery

Albenga, degrado alla stazione e ai giardini Paolo VI

Albenga. “Se per Emanuela Guerra denunciare il progressivo degrado ‘off limits’ e fuori controllo nella Stazione Ferroviaria di Albenga (oggi diventata, nel suo atrio, dormitorio pubblico di barboni, zingari, africani, rumeni e immigrati) e nei giardini Paolo VI (sempre più degradati, addirittura con bestemmie scritte a caratteri cubitali sulle panchine) è solo un pretesto speculativo e strumentale di fare polemica, si vede proprio che la giovane capogruppo del Pd non è ancora capace a percepire l’allarme sicurezza che vivono, oramai quotidianamente, giorno e notte, i cittadini di Albenga”. E’ la replica che arriva dai due consiglieri comunali di Forza Italia, Eraldo Ciangherotti e Ginetta Perrone.

“Derubricare, poi, ad altre Istituzioni la responsabilità primaria e privilegiata del sindaco, nelle sue funzioni connesse alla sicurezza ed incolumità pubblica, è un atteggiamento insensato – accusano – da tragica barzelletta come l’ultima, di poche ore fa, che vede protagonista il sindaco di Albenga diventato proprietario, senza saperlo da oltre tre mesi, dei palazzi confiscati di via Carloforte. Prendiamo atto, però, che nella replica del capo del Pd non v’è nessuna netta smentita circa la possibilità di un capo rom dedicato”.

Ciangherotti e Perrone si rivolgono direttamente a Emanuela Guerra: “Suvvia, consigliera – scrivono – prendete un bel respiro tutti insieme e poi mettetevi a lavorare, da ora in poi sul serio. Dopo un anno di vostra amministrazione, la città non solo non è migliorata, ma pure è peggiorata alla grande. Nessuno peraltro, ci creda, ha voluto disprezzare il successo della tradizionale rassegna Jazz che si è conclusa l’altra sera ad Albenga; solo abbiamo messo in discussione, in forza degli otto mila euro spesi nel bilancio comunale dal vicesindaco Tomatis per l’iniziativa, la scelta della location sotto ad un bed & breakfast per la serata di apertura, con il pubblico seduto stipato in un vicolo, in file da tre posti, in una platea da 1 metro e mezzo di larghezza, per assistere ad uno spettacolo su un palco che misurava almeno otto metri di ampiezza, con una visuale per forza di cose ridotta”.

“Siamo tutti cattolici, viva Dio, credenti e praticanti, ognuno con i propri limiti umani – concludono – Tuttavia il messaggio dei Vescovi parla, prima di tutto, di rispetto della dignità umana: e a noi pare che nè dormire sul pavimento dell’atrio della stazione, nè transitare in mezzo ai giardini Paolo VI con bestemmie a caratteri cubitali, siano immagini evangeliche care ai Vescovi della nostra Cei”.

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