Savona. Una storia che potrebbe essere sintetizzata definendola di “mobbing scolastico”. Protagonista di questa vicenda, suo malgrado, è Davide (nome di fantasia), un bimbo nato nel 2006 che è affetto da disturbi specifici di apprendimento (DSA) e, in dettaglio, da un deficit dell’attenzione associato a disgrafia.
Il bimbo, almeno sulla carta, non avrebbe dovuto affrontare nessuna particolare difficoltà nel frequentare la scuola primaria (considerato anche che ha un’intelligenza verbale di 136 punti, un valore sopra la media) e invece questo percorso, per almeno due anni, si è trasformato in un vero e proprio incubo. Davide infatti dallo scorso settembre ha cambiato scuola e, fortunatamente, le problematiche sono sparite.
La famiglia del bambino però, alla luce di tutto quello che ha passato, ha deciso di rivolgersi ad un legale e presentare un esposto al Ministero dell’Istruzione e all’Ufficio Scolastico Regionale per segnalare quello che è successo.
Secondo il racconto della mamma di Davide, infatti, l’Istituto Comprensivo dove il figlio aveva iniziato a frequentare la scuola primaria non solo non ha fornito l’adeguato sostegno per l’alunno, ma ha messo in atto una vera e propria azione di mobbing attraverso la quale il bimbo è stato umiliato, discriminato e preso di mira dagli insegnanti.
Nonostante le problematiche del bambino fossero ben note – da parte dei sanitari c’era già stata una diagnosi precisa (dopo i disturbi che si erano manifestati nel corso della prima elementare) – e fosse stato elaborato un Piano Didattico Personalizzato per alunni con Bisogni Educativi Speciali (BES), che avrebbe dovuto aiutare gli insegnanti a garantire l’adeguato supporto a Davide senza dover adottare particolari accorgimenti, la scuola non avrebbe mai rispettato queste esigenze.
Addirittura, secondo i genitori, il figlio sarebbe stato preso di mira dai docenti che, davanti a tutti, avrebbero usato frasi del tipo: “Tu non hai un problema, hai la non voglia e me ne frego di quello che dicono i tuoi dottori e le altre maestre”, “Se non scrivi vai fuori” e “le schede (quelle didattiche che vengono consegnate a tutti gli alunni, ndr) non te le do perché non le meriti”.
Per non parlare poi di episodi in cui Davide sarebbe stato umiliato anche davanti ai compagni: in un caso la maestra avrebbe tirato su il quaderno dell’alunno e davanti alla classe avrebbe domandato “Non è vergognoso che abbia scritto solo la data?”. Stato d’animo che è stato rilevato anche dalla psicologa ad aprile 2014: “Il bambino durante i colloqui esprimeva in modo spontaneo un malessere piuttosto acceso relativo all’esperienza scolastica, che viveva come profondamente ansiogena, mortificante e inibente”.
Nel corso del secondo anno di scuola primaria, quello 2013/2014, viste le continue problematiche la mamma del bambino ha chiesto diversi incontri con gli insegnanti e il dirigente scolastico (uno a marzo ed un secondo ad aprile), ma senza riuscire a risolvere il problema: “Chiedevo che venisse rispettato il BES, che gli venissero consegnate le schede didattiche visto che al pomeriggio a casa con me studiava molto per tenersi in pari con il programma e quando gli facevo notare le loro mancanze tutti negavano e ribattevano dicendo che il bambino era pigro e non sufficientemente spronato da noi a scrivere in classe. Sembrava quasi che il fatto che lui fosse bravo nelle prove orali e dotato di capacità di ragionamento urtasse ancora di più gli insegnanti che pretendevano le stesse abilità nello scritto, un’aspettativa che ovviamente non si poteva esaudire visto il suo problema di disgrafia”.
Da parte dell’istituto scolastico ci sarebbe stato un vero e proprio “muro” tanto che il legale che tutela la famiglia, l’avvocato Rocco Varaglioti, nel suo esposto parla di “malcelata ostilità e maleducazione, sfociata in chiari sintomi di antipatia”.
Soltanto uno degli insegnanti, verso la fine della seconda elementare (a maggio), si sarebbe scusato, prima a voce e poi con due sms, con la mamma di Davide per quanto successo. Un gesto che, purtroppo, non poteva risolvere una situazione ormai degenerata. Terminato l’anno scolastico la famiglia del bambino ha deciso di cambiare istituto per consentire al figlio di ritrovare serenità e di non rischiare di compromettere il suo percorso di apprendimento.
Per fortuna, come certifica anche la relazione redatta ad aprile scorso dalla psicoterapeuta che segue Davide, il bambino “appare nel complesso decisamente più sereno, più pronto alla possibilità di rilassarsi. E’ più sicuro di sé e maggiormente in grado di gestire le proprie emozioni e anche gli aspetti attentivi sembrerebbero in fase di miglioramento: appare più centrato e più motivato, meno inquieto”.
Il peggio per Davide sembra quindi passato, ma i suoi genitori sperano che nessun bambino debba più subire un simile trattamento. Di qui la scelta di presentare l’esposto per denunciare quello che hanno vissuto: un incubo durato due lunghissimi anni.
