Savona E’ stato conferito questa mattina in tribunale l’incarico al medico legale Roberto Testi, lo stesso esperto che si è già occupato anche di casi di rilevanza nazionale come i delitti di Cogne e Garlasco, di eseguire una perizia nell’ambito del processo per la morte di una paziente che vede imputato il dottor Andrea Piccardo.
La decisione di effettuare una perizia era stata presa dal giudice Marco Canepa che aveva ritenuto opportuno disporre l’esame tecnico (finora non era stata eseguita nessuna perizia medico legale, ma soltanto l’esame autoptico). Il dottor Testi, professore di medicina legale e criminalistica all’Università di Torino (che, oltre a Garlasco e Cogne, ha preso parte come consulente ad altri casi importanti come gli omicidi della Contessa Vacca Agusta, di Novi Ligure, di via Poma e di Roveraro) ha chiesto 60 giorni di tempo per poter ultimare il lavoro.
Di conseguenza la prossima udienza del processo è stata fissata a luglio. Proprio l’esame peritale dovrebbe dare risposte precise sulle cause della morte della paziente, Rosa Pera Moraglio, scomparsa nel febbraio 2009, a 67 anni, mentre era ricoverata a Cairo dopo aver subito un intervento chirurgico.
L’inchiesta, che ha poi portato al rinvio a giudizio di Piccardo (all’epoca primario di chirurgia di Cairo), aveva preso le mosse da un’esposto della famiglia della donna (che ora si è costituita parte civile assistita dagli avvocati Amedeo Caratti e Massimo Badella). Secondo quanto accertato all’epoca del fatto, quando erano state sequestrate le cartelle cliniche e la Procura aveva aperto un fascicolo, la donna morì il giorno successivo ad un’operazione per asportare una cisti al rene. Era stato lo stesso primario del reparto Chirurgia, il dottor Piccardo, a chiedere alla direzione sanitaria dell’Asl l’autorizzazione per far eseguire l’autopsia allo scopo di “appurare le cause della morte”. A quel punto però i familiari, che inizialmente non volevano che fosse eseguito l’esame autoptico, si erano rivolti ad un legale ed avevano presentato l’esposto ai carabinieri.
I problemi per Rosa Pera Moraglio erano iniziati il 27 gennaio 2009 quando la paziente si era presentata al Pronto soccorso del nosocomio cairese per “sanguinamenti dal retto e un grave deperimento organico”. Dagli esami clinici era emerso appunto che l’emorragia era dovuta agli anticoagulanti che la donna assumeva da diversi giorni. I sanitari inoltre, eseguendo una tac, avevano riscontrato che era presente una cisti al rene sinistro per cui, dopo averne parlato con la paziente, si era deciso di intervenire chirurgicamente. Lunedì 2 febbraio la signora Moraglio era stata sottoposta ad una laparoscopia che però, secondo la versione dei sanitari, a causa della dimensione della cisti, li aveva costretti ad effettuare quella che nel gergo medico viene definita un’”apertura di servizio”, un taglio. Dopo l’intervento la pensionata era stata trasferita in reparto dove il decorso post operatorio sembrava trascorrere senza complicazioni. All’alba però la tragedia: il cuore della donna improvvisamente aveva smesso di battere e lei era passata dal sonno alla morte.
Secondo la difesa del medico, l’avvocato Elena Castagneto, non ci sarebbe un nesso di causalità tra l’intervento ed il decesso che è stato provocato da un infarto al miocardio. “Questa tesi – spiega il legale del primario – è supportata anche da una relazione consegnata al pubblico ministero in cui si parla solo di una possibilità che l’intervento portasse ad un peggioramento delle condizioni cliniche, ma nessun nesso causale”.
Diversa l’opinione dell’avvocato di parte civile Massimo Badella: “Al di là della possibile relazione tra intervento e decesso che, a nostro giudizio, è presente, riteniamo che la paziente sia stata sottoposta ad un’operazione non necessaria. La rimozione della cisti infatti non serviva perché la sua presenza non era pericolosa per la donna e per questo riteniamo che il medico abbia sottoposto la paziente ad un intervento rischioso, ma soprattutto non necessario”.
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