Savona. Ricorso respinto dalla Corte di Cassazione e condanna che diventa definitiva. Non c’è stato un terzo grado di giudizio per l’ex primario di chirurgia di Cairo Montenotte Andrea Piccardo che aveva impugnato una condanna per lesioni colpose confermata dalla Corte d’Appello nell’aprile del 2014.
La Suprema Corte però ha giudicato inammissibile il ricorso presentato dall’imputato e di conseguenza la condanna ad un mese di reclusione inflitta in primo grado nel tribunale di Savona e confermata dalla Corte d’Appello diventerà definitiva.
Il caso era quello delle “clip metalliche” che, secondo l’accusa, erano state posizionate male nell’addome di una paziente causandole una lesione alla vescica.
Nel corso del processo di secondo grado era stata presentata una seconda perizia che aveva dato ragione alla tesi dell’accusa. Il fatto contestato al medico risaliva al settembre del 2006 quando, all’ospedale di Cairo, una paziente, P.L., cinquantenne, era stata sottoposta ad un intervento programmato di plastica protesica di “laparocele addominale” (una forma di ernia post operatoria), con il “posizionamento di protesi mesh composita con tecnica video laparoscopica”. Dopo l’intervento però la donna aveva lamentato il distacco di alcune clip metalliche utilizzate per l’ancoraggio della protesi.
In particolare, secondo l’accusa, durante il posizionamento ed ancoraggio della protesi era stata procurata una lesione alla vescica per la presenza al suo interno di un corpo estraneo: ovvero la clip metallica utilizzata per il fissaggio della protesi stessa. La presenza della clip – sempre per la tesi della Procura – aveva provocato l’insorgenza di un “quadro sintomatologico di tipo doloroso e lo sviluppo di recidivanti infezioni delle vie urinarie” con conseguenti “lesioni iatrogene”, che avevano costretto la paziente a sottoporsi ad indagini invasive e ad un intervento di rimozione della clip attraverso una cistoscopia.
Secondo due delle consulenze (quelle eseguite dai medici della Procura e della parte civile) c’era una responsabilità oggettiva di Piccardo che, nell’applicare le clip, le avrebbe erroneamente “sparate” contro la vescica e non sulla parete addominale come vorrebbe la procedura. Gli ancoraggi – questa la tesi dei periti – si erano così staccati penetrando nella vescica e procurando tutti i disturbi della donna.
Di opionione completamente opposta era stato il perito della difesa che aveva sostenuto invece che non ci fosse responsabilità dell’imputato poiché le clip potevano essere arrivate anche diversamente nella vescica dopo averne bucato la parete.
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