Savona. Hanno portato a termine tutta la lunga e difficile trafila burocratica per poter avere un figlio in affido o in adozione. Ma poi, dopo qualche mese o anno, lo hanno “riconsegnato” al mittente perché non “ce la facevano più”.
E’ emergenza a Savona per il sempre più alto numero di bimbi adottati da piccoli da famiglie della città e poi riaffidati dagli stessi nuovi genitori ai servizi sociali da adolescenti. Un fenomeno curioso e inaspettato, che non lascia affatto tranquillo il Comune.
“Questa è una cosa che ci ha molto colpito – spiega l’assessore Isabella Sorgini – Tra l’altro è un fenomeno che non riguarda solo Savona: ci siamo confrontati con gli altri capoluoghi liguri ed è qualcosa che avviene. I numeri riteniamo siano significativi: se in un anno vengono riconsegnati sei o sette bambini significa che c’è un bisogno di genitorialità ma un’incapacità di assumere fino in fondo questa responsabilità. L’adozione, l’affido e l’avere dei figli sono delle responsabilità importanti. Un adulto che riconsegna un figlio rappresenta una società che sta perdendo la sua forza e i suoi valori. E’ una riflessione che va al di là del caso singolo, che comunque deve far riflettere tutti su come noi viviamo il nostro essere adulti e il nostro essere adulti responsabili nei confronti dei più giovani”.
Il numero di minori affidati è aumentato anche a causa della crescita della conflittualità nelle coppie di fatto e dei divorzi e delle separazioni. Se in passato il minore proveniva da una coppia non sposata, ad occuparsene era il tribunale dei minori. Ora, con la nuova legge sulla famiglia, se ne occupa il tribunale ordinario, che in tanti casi affida il bambino ai servizi sociali.
Un figlio non si riconsegna. Quando si è genitori, di solito lo si è per sempre: “Probabilmente c’è un’immaturità di noi adulti – aggiunge Sorgini – Normalmente un genitore dovrebbe essere una persona che cura, che si prende carico di un figlio. Riconsegnare è una de-responsabilizzazione. Credo sia un segnale del particolare momento che sta vivendo il nostro paese“.
Nella maggior parte dei casi, i genitori che hanno ottenuto un figlio in affido hanno affrontato un percorso difficile: “Esiste una ‘equipe per adozioni e affidi’, che segue la famiglia adottiva al meglio. Alcune di queste famiglie erano state segnalate come problematiche, però l’iter si era concluso con l’adozione. Quando non sono più in grado di curare il bambino, le coppie ci contattano e ci dicono che sono in difficoltà, che non ce la fanno più e quindi si procede con la ‘riconsegna’, quasi fosse un pacco. Non riescono a stare dietro ai ragazzi nemmeno con la nostra disponibilità a seguirli, a costruire con loro un percorso. C’è stato un rifiuto assoluto”.
Il passato dei ragazzi può incidere sulla scelta: “Spesso non sono neonati e hanno già una storia. Ma credo che la famiglia adottiva sia consapevole di questa storia. Probabilmente si pensa che una volta che arriva un figlio si è genitori. Forse in questi casi bisognerebbe continuare ad essere affiancati da psicologi o da una comunità che sappia rafforzare la famiglia. In tanti casi l’abbandono non avviene solo da parte dei genitori, ma anche del contorno, da parte dei nonni ad esempio. Non è facile essere genitori oggi, anche se è la cosa più bella che possa capitare ad una persona. Quando una coppia riconsegna un bambino, difficilmente quel fallimento recupererà il ragazzo“.