Albenga. “Presidente, occorre ridurre gli estimi catastali in Liguria. Ora i costi per le aziende sono insostenibili”. Hanno deciso di rivolgersi direttamente al presidente della Regione Claudio Burlando i membri di “Insieme per cambiare”, movimento spontaneo costituito da associazioni, comitati e cittadini nato a dicembre 2012 ad Albenga. Il gruppo si occupa di agricoltura e ambiente, e tra i componenti vi sono sia coltivatori, appartenenti ai principali sindacati di categoria, sia cittadini comuni.
Visto il loro campo di interesse, i membri del gruppo hanno scritto al governatore una lettera per invitarlo a rivedere i criteri per la determinazione degli estimi catastali sui terreni agricoli.
“La rivalutazione degli estimi catastali ai fini del pagamento dell’Imu sui terreni – scrivono – costituisce per gli agricoltori liguri una fonte di grossa preoccupazione per gli ulteriori costi che scarica sulle loro aziende e per la palese sperequazione nell’applicazione della tassa nelle diverse aree della penisola. Comparando i redditi dominicali delle varie aree del paese risulta evidente la marcata difformità dei costi per terreni con una stessa coltura”.
“Poniamo il caso di un’azienda floricola ubicata nel comune di Sanremo: essa ha un reddito dominicale, (da questo si determinano gli imponibili ai fini Irpef, Imu, ecc.) ben 5 volte superiore ad un’azienda di Viareggio, ben 10 volte ad un’azienda dell’ Agro-Pontino e ben 33 volte rispetto ad un’azienda collocata in quel di Terlizzi. Aggiungendo gli ulteriori meccanismi – rivalutazione/moltiplicatore – che determinano il valore finale dell’imposta, il divario aumenta in modo esponenziale”.
In Liguria la situazione è complicata: “Gli estimi applicati in Liguria sono stati stabiliti negli anni 30 quando l’agricoltura e la floricoltura della nostra regione erano il fiore all’occhiello della nazione. Le primizie di Albenga, i fiori di Sanremo, il basilico genovese sono stati tra i primi prodotti che hanno fatto grande il nome dell’agroalimentare italiano. Sicuramente erano gli anni in cui non vi era la concorrenza degli Stati limitrofi ne’ tantomeno dei Paesi africani ( pomodori dal Marocco, rose dal Kenia, etc.) o di produttori ancora più lontani. Ma i tempi sono cambiati e, nel 2015 il mercato è globale e i prezzi dei prodotti si sono uniformati per tutti”.
Il risultato è tutt’altro che favorevole: “Risulta particolarmente difficile ritenere equa ed accettabile l’imposizione dei nuovi estimi catastali se oltre a quanto già rimarcato si pensa al fatto che la Liguria ha un territorio ricco di terrazzamenti ed aree impervie di difficile coltivazione, che non possono sicuramente essere equiparate all’Agro-Pontino o al Tavoliere delle Puglie, dove, tuttavia vengono applicate tariffe ben più basse. Nella congiuntura attuale spesso i costi per le aziende risultano insostenibili. Confrontando i dati Istat del 2000 con quelli del 2010 ci si rende conto che in Liguria hanno chiuso più di 20 mila aziende agricole ( – 46 per cento) . Tre aziende su quattro hanno mutui bancari, due aziende su quattro hanno fidi di cassa. Il destino di tante altre aziende liguri è in forse e le ricadute a livello sociale ed ambientale potrebbero essere particolarmente gravi: perdita di posti di lavoro, conseguenze sull’indotto, degrado del territorio”.