Cronaca

Savona, inchiesta sui “falsi ciechi”: 3 rinvii a giudizio e 3 proscioglimenti

Tribunale Savona

Savona. Si è chiusa con tre rinvii a giudizio e tre proscioglimenti “perché il fatto non sussiste” l’udienza preliminare per il caso dei “finti ciechi” (così come era stata ribattezzata l’indagine della Procura di Savona). Nel procediemento erano imputate sei persone, cinque donne ed un uomo, accusati di truffa per aver percepito – questa l’ipotesi degli inquirenti -, senza averne diritto, pensioni di invalidità e indennità di accompagnamento non dovute.

La decisione sulle richieste di rinvio a giudizio è stata presa questa mattina dal gup Fiorenza Giorgi davanti al quale nelle scorse settimane era stato discusso l’incidente probatorio. Proprio alla luce delle conclusioni delle perizie di parte e della documentazione prodotta dai rispettivi difensori per tre delle signore coinvolte nell’inchiesta, Giuseppina P., di Albisola Superiore, Elena B., di Vado Ligure, e Giovanna S., anche lei di Albisola, è arrivato il proscioglimento. Nel loro caso è stato infatti provato che rientravano nella categoria dei “ciechi assoluti” che, come stabilisce la legge 138 del 2001, non include solo le persone colpite “da totale mancanza della vista in entrambi gli occhi”, ma anche chi “ha la mera percezione dell’ombra e della luce o del moto della mano in entrambi gli occhi o nell’occhio migliore” e chi “pur avendo una buona acutezza visiva, presenti un residuo perimetrico binoculare inferiore al 3%”.

Il rinvio a giudizio (l’inizio del processo è stato fissato per il prossimo marzo) è invece arrivato per Rosa B., di Varazze, Giuliana G., e Davide F., entrambi di Savona, che dovranno quindi rispondere dell’accusa di aver percepito indebitamente le indennità di accompagnamento. Durante la discussione alcuni dei difensori avevano fatto notare come i loro assistiti avessero effettivamente gravi problemi alla vista e che l’indennità gli era stata assegnata da una commissione medica ad hoc (come a dire: se errore c’è stato, è da attribuire a chi ha preso quella decisione).

Diversi i casi delle assistite degli avvocati Fabio Luzzo e Vito Anobile (entrambe prosciolte) per le quali i difensori hanno presentato un’ampia documentazione medica che accertava il loro status di “cieche assolute”. In un caso le perizie hanno confermato che la donna è cieca da un occhio, mentre nell’altro ha “un’isola di visione centrale” che, tanto per rendere l’idea, significa che è come se vedesse attraverso il buco di una serratura. Un deficit visivo notevole che le permette però di poter vedere, seppur in maniera molto limitata, il mondo che la circonda.

“Dalla documentazoine medica prodotta è chiaro che la mia cliente non è un finto cieco. Abbiamo presentato esami del campo visivo, ma anche altri riscontri clinici, come il campo visivo di Esterman e di Pattern, e da questi era evidente che la signora non rientrava nelle ipotesi d’accusa. Mi permetto di dire che se questa documentazione fosse stata acquisita dal consulente del pm, che non ha nemmeno fatto cenno alla legge 138 del 2001 e alle successive circolari ministeriali, alcune persone non sarebbero salite sulla giostra di questo processo” osserva l’avvocato Anobile.

Gli fa eco il collega Luzzo: “Molto probabilmente sarebbe stato opportuno nominare da subito uno specialista in materia anziché affidarsi ad un medico legale. Se del caso si fosse occupato uno specialista credo che la mia assistita avrebbe potuto evitare di essere indagata e affrontare un procedimento penale”.

L’indagine della guardia di Finanza era stata condotta su un “campione” di circa una cinquantina di ciechi residenti in provincia e che, in base ai tabulati dell’Inps, avevano bisogno dell’accompagnamento in quanto portatori di un handicap totale o comunque che impediva loro di svolgere le normali attività quotidiane. Le indagini si erano basate su incroci di dati e immagini di telecamere che, secondo l’accusa, immortalavano i “finti ciechi” svolgere senza difficoltà attività di ogni tipo: dal fare la spesa a leggere gli scontrini.