Savona. Sale a quattro il numero degli indagati nell’inchiesta sulla morte di Luisa Bonello. Ai nomi dell’ispettore della polizia postale Alberto Bonvicini, dell’ex marito della donna Mauro Acquarone e della dottoressa Noemi Donati, si è aggiunto venerdì scorso (ma la notizia è trapelata solo nelle ultime ore) quello di un altro medico: il dottor Roberto De Benedetti.
Il coinvolgimento del quarto indagato non è relativo al filone investigatico sul suicidio della dottoressa Bonello, ma si inserisce nell’inchiesta che riguarda l’ispettore Bonvicini: l’ipotesi della Procura è che De Benedetti, in qualità di medico curante del poliziotto, gli abbia rilasciato dei certificati falsi. Documenti che il dirigente della polizia postale avrebbe utilizzato per giustificare l’assenza dal lavoro mentre, anziché essere in malattia, era impegnato in attività personali. Di qui l’accusa di falso contestata al dottore che, salvo sorprese, nei prossimi giorni dovrebbe comparire davanti al pm Giovanni Battista Ferro.
Il risvolto investigativo sui certificati falsi ovviamente aggrava anche la posizione di Bonvicini che era già accusato di circonvenzione d’incapace, truffa ai danni dello Stato (reati per i quali è stato arrestato in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare) e omicidio colposo. Accuse emerse durante le indagini sulla morte di Luisa Bonello, la dottoressa che nel settembre scorso si è tolta la vita con un colpo di pistola. Era stato proprio indagando sul gesto estremo del medico che gli inquirenti avevano scoperto le presunte irregolarità commesse dall’ispettore.
Oltre al sospetto che il poliziotto avesse approfittato delle condizioni della donna per farsi consegnare un totale di circa settantamila euro, contro il poliziotto era stata mossa l’accusa di omicidio colposo (in concorso con l’ex marito di Luisa Bonello, Mauro Acquarone, e la dottoressa Noemi Donati) per non aver segnalato la presenza nella casa della vittima di un piccolo arsenale. Infine era arrivata l’accusa di truffa ai danni dello Stato perché – questa la tesi degli inquirenti – in orario di lavoro si sarebbe dedicato ad attività private e personali. Un comportamento che avrebbe tenuto anche avvalendosi dei certificati di malattia falsi