Finale L. Sul recupero ad uso pubblico dell’ex stabilimento delle acque minerali di Finalborgo interviene direttamente il sindaco di Finale Ligure Ugo Frascherelli: “E’ un vero peccato che coloro che in prima istanza si sono dimostrati contrari a tale opzione, associando automaticamente il tema del recupero dell’edificio con quello della inevitabile e conseguente cementificazione, non abbiano colto la profonda differenza di significato tra i termini palazzo e laboratorio”.
“Attribuire ad un edificio la classificazione di palazzo denota sicuramente la volontà di riconoscergli il valore di edificio specialistico di particolare valenza architettonico – funzionale all’interno del tessuto urbano, ma parlare di laboratorio implica la precisa intenzione di andare oltre il contenitore per parlare di contenuto possibile: un luogo, quindi, incentrato sulla ricerca, dinamico nelle sue attività soprattutto nel caso di specie proprio in quanto laboratorio del paesaggio e non semplice spazio culturale generico” spiega il primo cittadino finalese.
“Laboratorio che potrebbe avere come obiettivo generale la promozione del miglioramento dello stato ecologico ed architettonico dell’intero territorio paesaggistico, inteso sia come spazio naturale che urbano-antropizzato, con il coinvolgimento di tutti i soggetti portatori d’interesse nella definizione anzitutto del quadro conoscitivo indispensabile per individuare le strategie e le linee di azione sia per la riqualificazione paesaggistica delle parti di città connotate da criticità ambientali o funzionali e meritevoli di particolari livelli di tutela”.
“Laboratorio che dovrebbe quindi essere inteso come “modalità di governo del territorio” attraverso ampi processi di partecipazione. Discutibile altresì la preoccupazione che il mantenimento dell’edificio possa impedire la corretta percezione delle mura storiche del borgo che, anzi, potrebbero sicuramente essere valorizzate attraverso soluzioni architettoniche innovative incentrate sull’introduzione di pareti e solai trasparenti. Molteplici, infatti, sono gli interventi di riuso che utilizzando tecniche tipologico-costruttive innovative hanno saputo brillantemente coniugare l’antico con il nuovo”.
“Il dibattito, per essere utile e proficuo, potrebbe quindi proseguire in modo interessante con un confronto sui possibili esisti formali dell’intervento attraverso i necessari approfondimenti per la definizione di un immaginario collettivo pertinente ed efficace”.
“Quanto all’associazione di tale azione urbanistica con la realizzazione di un nuovo complesso edilizio in prossimità del forte di S. Antonio, è innegabile riconoscere l’elevata valenza storico-ambientale non solo del forte, ancorché ridotto a rudere, ma anche del più ampio areale circostante. Un’eventuale proposta edificatoria dovrà quindi necessariamente, e non solo per obbligo imposto dalle norme sulla tutela, essere valutata con attenzione e soprattutto condivisa con gli Enti sovraordinati e con la collettività” conclude Frascherelli.






