Savona. Il sentore che potesse chiudersi senza condanne si era già avuto nella orecedente udienza lo scorso gennaio. Questa mattina però è arrivata la conferma: gli imputati del processo savonese sul caso “mensopoli”, Alfonso Di Donato e Antonella Calò, sono stati prosciolti da tutte le accuse che gli venivano contestate. Una parte degli episodi contestati (quelli antecedenti al 2008) sono infatti finiti in prescrizione, mentre per gli altri il giudice ha emesso una sentenza di non luogo a procedere perché il fatto non è previsto come reato.
A giocare un ruolo determinante nello spostamento dell’ago della bilancia a favore della difesa è stata la sentenza della Cassazione, prodotta in aula dall’avvocato Fausto Mazzitelli, con cui è stato assolto definitivamente Giuseppe Profiti, presidente dell’Ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma ed ex dirigente della Regione Liguria. Profiti era invece stato condannato in primo grado, il 28 aprile 2010, e in Appello, il 3 giugno 2011, a sei mesi per concorso in turbativa d’asta nell’inchiesta sulle presunte tangenti per gli appalti delle mense ospedaliere, la stessa accusa per la quale erano finiti a giudizio anche Calò e Di Donato, rispettivamente ex dirigente e funzionaria dell’Asl 2 savonese (all’epoca dei fatti responsabile del settore appalti, ora dirigente del settore gestione privacy).
Secondo la tesi della difesa il pronunciamento della Cassazione era determinante perché precisa che quanto successo dopo l’assegnazione del gara “non è penalmente rilevante”. E il processo savonese di mensopoli ruotava proprio intorno a quanto successo dopo quel momento e, di conseguenza, per l’avvocato Mazzitelli i suoi assistiti non erano imputabili di nessuna condotta penalmente rilevante.
Il rinvio a giudizio per Calò e Di Donato aveva preso le mosse dall’inchiesta sul giro di tangenti e favori intorno alle mense scolastiche genovesi e quelle ospedaliere dell’azienda sanitaria savonese. L’inchiesta della Procura aveva messo sotto la lente d’ingrandimento l’assegnazione del servizio ristorazione da 14 milioni alla “Alessio Carni” di Caresanablot (Vercelli), con una delibera poi annullata dal Tar su ricorso della “Pedus Dussman Service srl”.
La difesa aveva sempre sostenuto che le intercettazioni riguardanti i due dirigenti dell’Asl savonese fossero post-assegnazione e quindi che non potessero essere considerate una prova di una turbativa d’asta visto che la gara era già conclusa. A sostegno di questa tesi in seconda battuta si era aggiunta appunto anche la sentenza della Cassazione sul filone genovese del processo.