Cronaca

Operazione “Ninfea Gialla”, il Riesame concede i domiciliari alle estetiste coinvolte nell’inchiesta

Alassio. Il tribunale del Riesame di Genova ha concesso gli arresti domiciliari per le due estetiste italiane arrestate nell’ambito dell’operazione “Ninfea Gialla”, che ha indagato sui centri massaggi cinesi di Albenga, Alassio e Imperia dove, secondo i carabinieri, venivano fornite anche prestazioni a luci rosse.

Le due donne, Teresa Adinolfi, 25 anni, di Cava dei Tirreni (Salerno), che si occupava del centro di Imperia, e Barbara Carolina Gotti, 55 anni, di Bergamo, che faceva capo ad Albenga, erano state arrestate in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare in carcere insieme ai titolari dei centri, il cinese Jinhua Zhong di 45 anni, e la compagna Jin Yuping di 40 anni, il primo residente a Imperia la seconda ad Alassio. Durante l’interrogatorio di garanzia, davanti al gip Fiorenza Giorgi, tutti e quattro si erano avvalsi della facoltà di non rispondere.

I difensori della coppia di estetiste, gli avvocati Diana Berardi e Domenico Esposito, si erano poi rivolti al tribunale del Riesame per ottenere un’attenuazione della misura cautelare. I giudici genovesi, dopo la discussione di venerdì scorso, oggi hanno sciolto la riserva concedendo i domiciliari ad entrambe.

Per tutti gli arrestati le accuse erano di favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione: anche le estetiste, secondo gli inquirenti, avrebbero avuto un ruolo primario nell’attività illecita. Non sarebbero state insomma delle “prestanome”, ma avrebbero anche partecipato ai proventi dei tre centri. Il blitz dei carabinieri del nucleo operativo e radiomobile diretto dal tenente Sabina Ferraris, oltre alle manette, aveva portato anche al sequestro dei centri: Le Ninfee di via Dalmazia 63-65 ad Albenga, della sede di Alassio in via Paolo Ferreri 31 e del centro “Incanto” di via XXV Aprile 68 a Imperia.

Secondo l’accusa in queste sedi non sarebbero stati forniti solo servizi di massaggi rilassanti, ma, dietro il pagamento di una tariffa maggiorata, anche degli “extra” a luci rosse. Insomma con 30 euro in più, pagati non alla massaggiatrice, ma alla cassa del centro, il cliente poteva beneficiare di una prestazione sessuale. Una consuetudine che i militari avevano documentato attraverso intercettazioni telefoniche, ma anche telecamere nascoste. Gli investigatori, nell’arco di due settimane, avevano registrato 59 prestazioni nel centro massaggi di Alassio e 77 in quello di Albenga. Quanto era bastato per far scattare un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Infine le indagini avevano anche permesso di scoprire le condizioni nelle quali vivevano le ragazze impiegate nei centri (durante il blitz ne erano state trovate quattro in attività), costrette a vivere in dei locali-dormitorio ricavati dentro le loro sedi di lavoro.