Savona. Condanna per lesioni colpose confermata dalla Corte d’Appello per l’ex primario di chirurgia di Cairo Montenotte Andrea Piccardo. Il caso era quello delle “clip metalliche” che, secondo l’accusa, erano state posizionate male nell’addome di una paziente causandole una lesione alla vescica. Dopo la condanna in primo grado ad un mese di reclusione il medico, difeso dall’avvocato Elena Castagneto, aveva scelto di ricorrere in Appello.
Nel corso del nuovo processo, davanti ai giudici genovesi, è stata presentata una seconda perizia che ha dato ragione alla tesi dell’accusa. Il fatto contestato al medico risale al settembre del 2006 quando, all’ospedale di Cairo, una paziente, P.L., cinquantenne, era stata sottoposta ad un intervento programmato di plastica protesica di “laparocele addominale” (una forma di ernia post operatoria), con il “posizionamento di protesi mesh composita con tecnica video laparoscopica”. Dopo l’intervento però la donna aveva lamentato il distacco di alcune clip metalliche utilizzate per l’ancoraggio della protesi.
In particolare, secondo l’accusa, durante il posizionamento ed ancoraggio della protesi era stata procurata una lesione alla vescica per la presenza al suo interno di un corpo estraneo: ovvero la clip metallica utilizzata per il fissaggio della protesi stessa. La presenza della clip – sempre per la tesi della Procura – aveva provocato l’insorgenza di un “quadro sintomatologico di tipo doloroso e lo sviluppo di recidivanti infezioni delle vie urinarie” con conseguenti “lesioni iatrogene”, che avevano costretto la paziente a sottoporsi ad indagini invasive e ad un intervento di rimozione della clip attraverso una cistoscopia.
Secondo due delle consulenze (quelle eseguite dai medici della Procura e della parte civile) ci sarebbe una responsabilità oggettiva di Piccardo che, nell’applicare le clip, le avrebbe erroneamente “sparate” contro la vescica e non sulla parete addominale come vorrebbe la procedura. Gli ancoraggi – questa la tesi dei periti – si sarebbero così staccati penetrando nella vescica e procurando tutti i disturbi della donna. Di opionione completamente opposta era stato il perito della difesa che aveva sostenuto invece che non ci fosse responsabilità dell’imputato poiché le clip potevano essere arrivate anche diversamente nella vescica dopo averne bucato la parete.