Cronaca

Stalking in rosa, medico savonese perseguitato dalla ex: per lei una condanna a 18 mesi

tribunale Savona

Savona. E’ stata condannata la donna che era a giudizio per stalking nei confronti dell’uomo, un medico savonese, con cui aveva avuto una relazione. La sentenza, che suona come inedita visti i ruoli “invertiti” delle parti, è stata letta nel primo pomeriggio di oggi. Lei è stata condannata ad un anno e sei mesi di reclusione, senza sospensione condizionale della pena e senza la concessione delle attenuanti generiche, per gli “atti persecutori” che avrebbe portato avanti contro di lui.

Il giudice ha anche imposto all’imputata il pagamento di una provvisionale di 5 mila euro (la parte civile ne aveva chiesti diecimila) a titolo di anticipo sul risarcimento del danno. Secondo l’accusa contestata dalla Procura, la presunta stalker sarebbe entrata in azione nel gennaio del 2011 dopo che il medico aveva troncato definitivamente la loro relazione, che a corrente alternata (si era più volte interrotta e i due erano stati lontani per mesi) era andata avanti dal 2008, quando si erano conosciuti, al dicembre del 2010. La prima rottura era arrivata, secondo quanto riferito dalla donna, perché lei aveva scoperto di non essere l’unica frequentazione per lui. Il tradimento però non sarebbe bastato ad allontanare la giovane dall’ex: lei infatti non si sarebbe mai rassegnata alla fne della storia con il medico e, di conseguenza, avrebbe iniziato a perseguitarlo con sms, telefonate, email, ma anche pedinamenti ed “agguati” sul posto di lavoro.

Un comportamento che aveva fatto scattare la denuncia per stalking. Questa mattina, nella sua requisitoria, il pm si è concentrato inizialmente sulla deposizione della parte offesa: “Il medico ha riconosciuto con grande onestà intellettuale di non aver avuto un comportamento corretto perché ha iniziato la storia con l’imputata mentre vedeva una seconda donna, ma questo non giustifica quanto è poi accaduto”. Secondo il pubblico ministero infatti la donna (“in preda ad uno stato di frustrazione”) ha effettivamente perseguitato l’ex e, per sostenere la sua tesi, ha ricordato l’esistenza di centinaia di messaggi, di email, di fotografia della donna che venivano mandate all’uomo. Il magistrato ha poi ribadito che, affinché si possa contestare lo stalking, deve esserci un nesso causale tra la condotta dello stalker e l’insorgenza di eventi che determinano uno stato di ansia, oppure un’alterazione delle abitudini di vita. Circostanza che, da quanto emerso dalla testimonianza dell’uomo (“Le mie abitudini erano cambiate”), si era verificata. Di qui la conclusione del pm che ha chiesto una condanna a un anno e tre mesi di reclusione osservando che “la responsabilità dell’imputata, che non ha mai gettato la spugna, è ampiamente provata”.

Dopo il pubblico ministero ha preso la parola l’avvocato di parte civile Marco Romeo che, senza usare giri di parole, ha parlato di una “bruta che segue, pedina e continua ad opprimere il mio assistito”. Il legale ha anche letto in aula due messaggi, dai contenuti minacciosi ed ingiuriosi, che l’imputata avrebbe mandato il 3 marzo scorso e oggi, proprio prima dell’inizio dell’udienza, alla parte offesa. La parte civile ha poi elencato una serie di “effetti negativi” che la condotta della donna avrebbe provocato nella vita del medico che sarebbe stato costretto a cambiare sede di lavoro, numero di telefono, casa, ma anche ad annullare il suo matrimonio. Prima di chiedere la condanna dell’imputata, l’avvocato ha anche sostenuto che fosse inattendibile (per provarlo ha elencato una serie di contraddizioni che sarebbero emerse durante il processo).

Infine la parola è passata al difensore della giovane, l’avvocato Diego Landolfi, che ha invece sostenuto una tesi opposta. Nella sua arringa, ovviamente per provocazione, ha chiamato la sua cliente “mantide di Cairo” (un riferimento al caso di Gigliola Guerinoni) sostenendo la sua estraneità ai fatti contestati. “Le prove prodotte dal medico sono il ‘nulla’. Noi abbiamo prodotto dei tabulati telefonici, che sono oggettivi, e dicono che anche lui contattava la mia assistita. Le stampate di messaggi, mail e foto non possono avere lo stesso peso”.

Il legale dell’imputata ha poi sottolineato come la condotta della donna non avrebbe affatto prodotto le conseguenze previste dall’articolo 612 bis nell’uomo: “A me non risulta abbia cambiato sede di lavoro e nemmeno che il suo matrimonio sia saltato per colpa della sua ex. Forse la ragione è da rciercare più che altro nei suoi tradimenti e comportamenti scorretti”. Infine l’avvocato Landolfi ha sostenuto l’inattendibilità di diversi testimoni del pm e ha accusato anche il medico di aver mentito: “Anche lui chiamava e scriveva alla ex”. Una tesi che, visto l’esito del processo, evidentemente non ha convinto il giudice.